Uno sguardo veneto sulla Liturgia, musica e arte sacra, le attualità romane e le novità dalle terre della Serenissima.
Sul solco della continuità alla luce della Tradizione.

Seta e luce: il dono di Pio X alla Cattedrale Tarvisina


Qualche scatto della splendida pianeta donata alla Cattedrale di Treviso da Papa Pio X. Il paramento, di produzione francese (seconda metà del secolo XIX) è fornito di stola, manipolo, borsa e velo da calice. In tela lamé, la pianeta è caratterizzata da una ricchissimo ricamo in vasta gamma di sete policrome, raffigurante la Crocifissione con il sapiente uso del punto pittura e del punto arazzo. Il prezioso manufatto è attualmente esposto al Museo Diocesano d'Arte Sacra.




Una Messa da Requiem per l'Arciepiscopo

L'Arcivescovo di Salisburgo Sigmund III Christoph von Schrattenbach

Sconfiniamo in suolo austriaco, alla scoperta di un pezzo di storia della musica sacra dimenticata, perchè se il Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart sbanca ancora le hits della "musica classica", quello di Michael Haydn può vantare il perfetto contrario. Eppure la fascinosa opera incompiuta del Mozart sarebbe di certo ben diversa senza quella Missa pro defunctis composta dal Maestro di Cappella salisburghese fratello minore del più illustre Joseph.

Johann Michael Haydn
La Missa pro defuncto Archiepiscopo Sigismondo in Do minore (Requiem MH155 secondo il catalogo musicale) fu composta in seguito alla morte dell'Arcivescovo di Salisburgo Sigmund III Christoph von Schrattenbach avvenuta il 16 dicembre 1771. Haydn completò il Requiem con il Communio qualche settimana dopo la morte dell'Arcivescovo, datando la partitura "SDG (Soli Deo Gloria) Salisburgi 31 Dicembre 1771". Sicuramente la composizione risentì del grave lutto che colpì Michael Haydn all'inizio dello stesso anno, con la perdita della figlia minore Aloisia Josefa. L'organico, adatto alle fastose cantorie della Cattedrale di Salisburgo prevedeva "soli e coro, coppia di fagotti, quattro trombe in do, tre tromboni, timpani, archi e basso continuo".


« Requiem aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis. Te decet hymnus Deus, in Sion, et tibi reddetur votum in Ierusalem. Exaudi orationem meam; ad te omnis caro veniet. »
« L'eterno riposo dona loro, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Si innalzi un inno a te, o Dio, in Sion, a te si sciolga il voto in Gerusalemme; esaudisci la mia preghiera, a te viene ogni mortale. »
Kyrie

« Dies irae, dies illa solvet saeclum in favilla, teste David cum Sybilla. Quantus tremor est futurus, quando judex est venturus, cuncta stricte discussurus. »
« Giorno d'ira, quel giorno distruggerà il mondo nel fuoco, come affermano Davide e la Sibilla. Quanto terrore ci sarà, quando verrà il giudice, per giudicare ogni cosa. » 

« Rex tremendae maiestatis, qui salvandos salvas gratis, salva me, fons pietatis. »
« Re di tremenda maestà, tu che salvi per tua grazia, salva me, o fonte di pietà. »

« Recordare Jesu pie, quod sum causa tuae viae, ne me perdas illa die. Quaerens me sedisti lassus, redemisti crucem passus; tantus labor non sit cassus. Juste judex ultionis, donum fac remissionis ante diem rationis. Ingemisco tamquam reus, culpa rubet vultus meus: supplicanti parce, Deus. Qui Mariam absolvisti, et latronem exaudisti, mihi quoque spem dedisti. Preces meae non sunt dignae, sed tu, bonus, fac benigne, ne perenni cremer igne. Inter oves locum praesta, et ab haedis me sequestra, statuens in parte dextra. »
« Ricordati, o Gesù buono, che sono il motivo della tua via, non perdermi, in quel giorno. Cercandomi ti sedesti stanco, mi hai salvato morendo in croce; fa' che tanta fatica non sia inutile. O giudice che punisci giustamente, donami la remissione dei peccati prima del giorno del giudizio. Piango perché sono colpevole, il mio volto arrossisce per la colpa: risparmia chi ti supplica, o Dio. Tu che hai assolto Maria Maddalena, e hai esaudito il ladrone, hai dato speranza anche a me. Le mie preghiere non sono degne, ma tu, buono, fa benignamente, che io non bruci nel fuoco eterno. Dammi un posto tra gli agnelli, allontanami dai capri, ponendomi alla tua destra. »
« Confutatis maledictis, flammis acribus addictis, voca me cum benedictis. Oro supplex et acclinis, cor contritum quasi cinis, gere curam mei finis. »
« Condannati i maledetti, gettati nelle vive fiamme, chiama me tra i benedetti. Prego supplice e prostrato, il cuore contrito come cenere, abbi cura della mia sorte. »
 « Lacrimosa dies illa, qua resurget ex favilla judicandus homo reus. Huic ergo parce, Deus. Pie Jesu Domine, dona eis requiem! Amen! »
« Giorno di lacrime, quel giorno, quando risorgerà dal fuoco l'uomo reo per essere giudicato. Ma tu risparmialo, o Dio. Signore Gesù buono, dona loro riposo! Amen! »
 
« Domine, Iesu Christe, Rex gloriae, libera animas omnium fidelium defunctorum de poenis inferni et de profundo lacu. Libera eas de ore leonis, ne absorbeat eas tartarus, ne cadant in obscurum; sed signifer sanctus Michael repraesentet eas in lucem sanctam, quam olim Abrahae promisisti et semini eius. »
« Signore Gesù Cristo! Re di gloria! Libera le anime di tutti i fedeli defunti dalle pene dell'inferno e dalla fossa profonda! Liberale dalla bocca del leone, affinché non vengano inghiottite dal Tartaro, e non cadano nell'oscurità: ma l'alfiere san Michele le porti nella luce santa, che un tempo hai promesso ad Abramo e alla sua stirpe. »


« Hostias et preces tibi, Domine, laudis offerimus; tu suscipe pro animabus illis, quarum hodie memoriam facimus. Fac eas, Domine, de morte transire ad vitam. Quam olim Abrahae promisisti et semini eius. »
« A te, o Signore, offerte e preghiere offriamo con lodi. Ricevile in favore di quelle anime, delle quali oggi facciamo memoria: falle, o Signore, passare dalla morte alla vita, che un tempo hai promesso ad Abramo e alla sua stirpe. »
Sanctus
Benedictus

   Agnus Dei (in Missis Defunctorum)
« Lux aeterna luceat eis, Domine, cum sanctis tuis in aeternum, quia pius es. Requiem aeternam dona eis, Domine; et lux perpetua luceat eis
«  Splenda ad essi la luce perpetua, Signore, con i tuoi santi in eterno, poiché tu sei pietoso. L'eterno riposo dona loro, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua.»


Il movimento di apertura, Requiem Aeternam, mostra un rimarcabile senso strutturale e della sonorità. Nel momento del Te decet hymnus Michael Haydn assegna alla parte acuta del coro un canto gregoriano; al Christe eleison il coro e solisti entrano in dialogo antifonale e poi il contralto emerge in una sezione più drammatica, introdotta dal Mors stupebit del soprano; il Ricordare Jesu Pie introduce il tenore con una tonalità maggiore, indi lo Juste iudex, completato da un lamentoso Ingemisco ed un lirico Confutatis Maledictis del basso; spogli accenti punteggiano il Confutatis e il soave Oro supplex. Una stupefacente similarità tra Haydn e Mozart sta nel ritmo del motivo Lacrimosa chiuso da un esteso Amen, che è il movimento più lungo del Requiem. Il tenore ritorna con il Domine Jesu in dialogo con il coro; le armonie di questo scivolano inesorabilmente verso un abisso dal quale il basso solista proclama il suo grido di liberazione che prelude al Sed Signifer Sanctus del soprano. La fuga Quam olim Abrahe mostra una sorprendente analogia ritmica di Haydn con quella dei fugati del Requiem mozartiano. Il Sanctus ritorna alla grandezza del movimento di apertura, con una maestosa introduzione protesa verso l’Osanna che procede nel culminante Benedictus, in quest’opera il brano più rappresentativo dello stile venato di classicismo di Michael Haydn; una elegante solennità ritorna con l’Agnus Dei con le accorate richieste di pace del coro in un crescendo di religioso fervore: la discesa verso la Lux Aeterna è corredata di pagine musicali gestite magnificamente. Il vigoroso Cum Sanctis Tuis offre la sensazione un’ottimistica weltanschaung, sottolineata da un nobile procedere della parte del basso; la richiesta della pace eterna allude ad una visione paradisiaca attraverso un gentile accompagnamento degli archi che sfocia in una progressione nel Cum Sanctis Tuis: qui Dio misericordioso promette la redenzione e su tutto prevale un solenne, illuministico ottimismo. Non crediamo di essere lontani dal vero additando il Requiem di Michael Haydn come uno degli antecedenti più certi di quello mozartiano.
Andrea Zepponi

Il Requiem fu eseguito solennemente a più Messe pro defuncto Archiepiscopo, a partire dal gennaio 1772, in un Salzburger Dom bardato a lutto. Alle prime tre esecuzioni erano presenti i Mozart: mentre Leopold si preoccupava di distruggere la reputazione del Kapellmeister accusandolo di stare all'organo del tutto ubriaco alle Messe Alte, il figlio Amadeus rimaneva ad ascoltare. Vent'anni dopo comporrà la sua grande Messa da Requiem, incompiuta.

La cupola del Salzburger Dom dipinta da Donato Mascagni e Ignazio Solari

Recentemente, tra le volte della Cattedrale di Santo Stefano in Vienna, ai solenni Funerali dell'Arciduca Otto d'Asburgo presieduti dal Cardinale Christoph Schönborn, ha riverberato la bella musica del Requiem di Michael Haydn, quasi a compimento della storia austriaca, dei suoi compositori e dei suoi Principi (vescovi).



testo di A. Zepponi da fenice.org
immagini da g.immage, wikipedia

Liturgie Papali: si è spento il Cardinale Virgilio Noè

16 ottobre 1978: il Maestro delle Cerimonie Liturgiche Mons. Virgilio Noè accanto al neoeletto Giovanni Paolo II.

È deceduto questa mattina a Roma il cardinale Virgilio Noè, arciprete emerito della Basilica Vaticana, vicario generale emerito del Papa per la Città del Vaticano, presidente emerito della Fabbrica di San Pietro. Nato a Zelata di Bereguardo, nella diocesi di Pavia, il 30 marzo 1922, è stato ordinato sacerdote il primo ottobre 1944. Ha iniziato il ministero sacerdotale nella parrocchia del SS. Salvatore, in periferia di Pavia, creando un movimento giovanile, incentrato specialmente sulla partecipazione alla liturgia. Nel 1948 è stato inviato a Roma dal vescovo diocesano, mons. Carlo Allorio, e frequenta l'Università Gregoriana, dove, nel 1952, consegue la laurea in Storia Ecclesiastica, discutendo una tesi su "La politica religiosa dei re longobardi". Nel 1964 è chiamato a Roma come Segretario del Centro di Azione Liturgica (CAL), che proprio quell'anno viene assunto dalla Conferenza Episcopale Italiana come suo "Institutum Liturgicum Pastorale". Nel gennaio 1970 viene nominato Maestro delle Cerimonie Pontificie. Già dal maggio 1968, in veste di Segretario, aveva fatto parte del Comitato per la revisione delle Cerimonie Pontificie. Il 14 luglio 1975, con l’istituzione della nuova Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino, viene confermato come Sottosegretario nella Sezione Culto Divino del nuovo dicastero. Il 21 ottobre 1977, allo scopo di dare maggiore impulso all'attività del settore della Liturgia, è nominato Segretario aggiunto per la predetta Sezione del Culto Divino. Il 30 gennaio 1982 viene elevato alla dignità arcivescovile, come segretario della Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino - Sezione Culto Divino. Nel maggio 1989 viene nominato coadiutore del cardinale arciprete della Patriarcale Basilica Vaticana, Delegato della Fabbrica di San Pietro e Presidente della Commissione Permanente per la tutela dei Monumenti storici ed artistici della Santa Sede. Dal 12 settembre 1993 al 1996 è stato anche Presidente della Commissione Cardinalizia per i Pontifici Santuari di Pompei, Loreto e Bari. E’ stato creato cardinale da Giovanni Paolo II nel Concistoro del 28 giugno del 1991. Ora il Collegio Cardinalizio è formato da 195 porporati di cui 114 elettori e 81 ultraottantenni. I cardinali italiani sono ora 45 di cui 23 elettori e 22 ultraottantenni. (A.L.)
 




 testo da Radio Vaticana, immagini da Corbis, g.immage


Maniera veronese



Verona, Chiesa di Santo Stefano, Cappella Varalli.


Liturgie Papali: la chiusura della III Sessione del Vaticano II


Immagini di un solenne 21 novembre 1964: Paolo VI entra in San Pietro assiso in gestatoria per chiudere la III Sessione del Concilio Vaticano II, nella Festa della Presentazione di Maria Ss.ma al Tempio. La Basilica vaticana è zeppa di mitrie bianche e sfoggia un Altare della Confessione dalle forme innovative: la mensa è quadrata e priva dei soliti svettanti candelieri, sostituiti da semplici portaceri. Rimane però centrale il Crocifisso. Il Pontefice, scortato dal Prefetto delle Celebrazioni Liturgiche Papali, il Vescovo Dante, sale all'Altare petrino attuando uno dei frutti della Riforma Liturgica conciliare in corso: la Concelebrazione. Mons. Dante sorregge ancora la bugia ad un Paolo VI che all'Altare veste la moderna casula -come gli altri Celebranti- coperta però dal serico fanone pontificio (che resisterà ancora per un breve periodo, prima della totale archiviazione). Papa Montini indossa pure la mitria preziosa ricevuta in dono dai milanesi nel '55, nel giorno dell'Insediamento alla Cattedra ambrosiana. A Celebrazione conclusa, il Santo Padre, dopo aver indossato il manto ed essersi portato al trono, pronuncia l'Allocuzione alla Chiusura. Dopo qualche settimana, partirà per lo storico viaggio in India.


 






"Ecco la Gerarchia cattolica, che deve formare e governare il popolo santo di Dio, è convenuta qui in un’unica sede, con un sentimento unanime, un’unica preghiera, una sola fede, una sola carità sulle labbra e nel cuore; ecco questa incomparabile assemblea, che non ci stanchiamo di ammirare, né mai potremo dimenticare, perché aspira alla gloria del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo ed è intenta a rievocare il messaggio altissimo della Rivelazione ed a scrutarne il vero ed intimo significato; ecco persone riunite insieme, aliene come nessun altro dalla ricerca del proprio utile e delle vanità; tese come nessun altro ad offrire testimonianza alla verità divina; uomini certo deboli e non immuni da errori, ma persuasi di poter pronunziare verità che non possono in nessun modo venir messe in discussione o aver fine; uomini, vogliamo dire, figli di questo tempo e di questa terra, ma innalzati sopra il tempo e la terra per caricarsi sulle spalle i pesi dei loro fratelli e condurli alla salvezza spirituale; uomini dotati della volontà di dedicarsi totalmente, infiammati di un amore che è più grande dello stesso animo in cui arde, spinti da un impulso che potrebbe sembrare temerario, ma che è associato alla serena fiducia di saper indagare il senso della vita umana e della storia e di dar loro valore, grandezza, bellezza, unitarietà in Cristo; soltanto in Cristo Signore! Questo suscita meraviglia, Venerabili Fratelli, che siete qui presenti; questo suscita meraviglia, uomini che ci guardate stando fuori. Potremo mai vedere spettacolo più grande, più religioso, più commovente, più solenne?"
alla chiusura della III Sezione del Concilio Ecumenico Vaticano II.


immagini da British Paté

La circospezione dei preti



" Da noi l'abito ecclesiastico è quasi scomparso. In Francia i preti si secolarizzano ai limiti del possibile - sono ben pochi quelli che, dopo la rivoluzione di luglio o di febbraio, portano apertamente l'abito talare per strada. Un cappello a larga tesa, abiti neri di vecchio taglio, lunghe rendigotes, un mantello di colore scuro creano un insieme a mezza via tra il religioso e il laico, abbastana simile a quello di un quacchero o di un uomo che si sia ricreduto sull'eleganza nel vestire. Sono preti con circospezione, e solo in chiesa indossano i paramenti sacerdotali. In Italia, invece, si adagiano e si deliziano della loro condizione s'impongono agli altri, ovunque si sentono come a casa loro, dispiegano interamente il fazzoletto, si soffiano il naso e tossiscono rumorosamente, come persone cui è dovuto ogni riguardo e che non devono essere affatto infastidite."

Théophile Gautier, Vojage en Italie, 1850

La Messa cantata al Santo: qualche immagine



Qualche bello scatto della Missa Cantata celebrata quest'oggi all'Altare più antico della Basilica antoniana, tra il dolce sguardo della Vergine e il Bambino di Rainaldino di Francia e la gentilissima accoglienza dei Frati Conventuali del Santo (e della Santa Sede), che per l'ennesima volta hanno assicurato uno spazio per la Forma Extraordinaria del Rito Romano. Una "Messa tridentina" (Celebrata con quella nobilis simplicitas di conciliare memoria) che ci auguriamo riesca a conquistare i numerosi Altari delle Chiese diocesane del Veneto. Ad majora!






Il testamento del Patriarca: il discorso al Redentore 2011


La “città serenissima”
Il messaggio di Benedetto XVI a Venezia e al Nordest

1. Alzare lo sguardo al Redentore
Il pellegrinaggio di popolo attraverso il ponte votivo, gesto emblematico della festa odierna, non ha perso nei secoli il suo fascino. Mentre camminavamo sul ponte, il moto ondoso con il suo leggero rollio sembrava alludere a quella condizione della nostra società, che oggi per la sua instabilità e mutevolezza viene detta “liquida”. Lo ha ben osservato il Papa nel discorso al polo della Salute parlando della “città serenissima” (Benedetto XVI, Incontro con il mondo della cultura, dell’arte e dell’economia, Venezia 8 maggio 2011).
Come la secolare lotta con le acque non ha tolto fulgore a Venezia, così il nostro procedere, malfermo ma deciso, sul ponte non ci ha precluso la meta: Gesù Cristo che redime la nostra umanità. Ora siamo di fronte a Lui. Ne è figura l’imponente crocifisso innalzato sull’abside a inondare con la Sua luce, grazie al genio palladiano, ogni angolo di questo tempio.
A Lui ora vogliamo innalzare lo sguardo e aprire il cuore. Come ci ha ricordato Benedetto XVI, Gesù stesso è la nostra salute:
«Salus nostra Dominus Jesus. Gesù salva l’uomo ponendolo nuovamente nella relazione salutare con il Padre nella grazia dello Spirito Santo; lo immerge in questa corrente pura e vivificante che scioglie l’uomo dalle sue “paralisi” fisiche, psichiche e spirituali; lo guarisce dalla durezza di cuore, dalla chiusura egocentrica e gli fa gustare la possibilità di trovare veramente se stesso perdendosi per amore di Dio e del prossimo» (ibidem). Stare davanti al Crocifisso innalzato (Vangelo, Gv 3,14) significa dunque deporre ai Suoi piedi tutta la nostra umanità – con la sua instabilità, le sue ferite e le sue malattie dell’anima e del corpo, il suo anelito di vita e di libertà, insomma il suo senso religioso – per consegnarla a Lui.

2. Un Padre ci ama per primo e per sempre
Chi è il Redentore a cui consegniamo tutta la nostra vita? O, meglio, qual è la Sua azione nei confronti di ciascuno di noi? Lo impariamo dalla promessa del profeta Ezechiele, proclamata nella Prima Lettura. Con un incalzare sovrabbondante di verbi [cercherò, passerò in rassegna, radunerò, condurrò in ottime pasture, ricondurrò nella loro terra, farò riposare, andrò in cerca, fascerò, avrò cura… (cfr Ez 11-16)] vi si descrive l’intervento di Dio nella vita del suo popolo che, essendosi allontanato da Lui, si era disperso e vagava affamato, stremato e ferito. «Dove Tu non sei, vi è solo gente senza casa» scriveva il giovane Karol Wojtyla.
Dio si china di nuovo sul suo popolo, lo raduna e lo riporta a casa. Dove Dio viene accolto cambiano i rapporti tra le persone, nasce la comunione.
«Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito» (Vangelo, Gv 3,16). In Lui percorre ogni sentiero dell’umanità, per stabilire con ciascuno una relazione personale e rinnovare il popolo di Dio.
Dio ama per primo e ama per sempre. Come abbiamo ascoltato nella Lettera ai Romani, «quando ancora eravamo nemici» (Seconda Lettura, Rm 5,10) il Padre ha dato Suo Figlio per noi. Se siamo ancora avvelenati dal male, perciò dispersi e incapaci di costruire insieme la vita buona, è perché resistiamo alla sorprendente gratuità di questa perenne sorgente dell’amore. E tuttavia questa sera ci è ridata una speranza affidabile – «La speranza poi non delude» (Seconda Lettura, Rm 5,5) – perché poggia sulla promessa di Colui che è per sempre fedele.

3. Una Chiesa senza Cristo?
Cristiani della prima ora riconosciamo con umiltà che siamo in balìa della grave separazione, già denunciata da Paolo VI, tra fede e vita.
Come spesso abbiamo ribadito nella Scuola di Metodo – significativo momento di lavoro per i responsabili ecclesiali di tutto il Patriarcato – non vediamo le implicazioni dell’avvenimento di Gesù e dei misteri del cristianesimo. Non a caso il Santo Padre ha messo in guardia le comunità cristiane del Nordest dalla gravità di questa miopia che impedisce di vedere cosa c’entri la fede in Cristo con l’uomo, la società di oggi ed il creato.
Con efficace sinteticità Benedetto XVI ha poi posto sotto i nostri occhi la grave conseguenza di questo dualismo: l’«essere di Cristo rischia di svuotarsi della sua verità e dei suoi contenuti più profondi; rischia di diventare un orizzonte che solo superficialmente – e negli aspetti piuttosto sociali e culturali – , abbraccia la vita; rischia di ridursi ad un cristianesimo nel quale l’esperienza di fede in Gesù crocifisso e risorto non illumina il cammino dell’esistenza» (Benedetto XVI, Omelia alla Messa al Parco di San Giuliano, Venezia 8 maggio 2011). Se i cristiani non riconoscono e non vivono il nesso quotidiano tra fede e vita, la Chiesa rischia di apparire una Chiesa senza Gesù Cristo.

4. L’amicizia evangelica
Sempre nell’omelia al parco di San Giuliano Benedetto XVI, offrendo un antidoto a questa patologia, ha sottolineato con forza la necessità di uno stile di vita personale e comunitario solidamente ancorato alla fede in Gesù Cristo vivente. Ha richiamato la conversione, mostrandone tutta la convenienza: «Talvolta quando si parla di conversione, si pensa unicamente al suo aspetto faticoso, di distacco e di rinuncia. Invece, la conversione cristiana è anche e soprattutto fonte di gioia, di speranza e di amore». è «conversione dalla disperazione alla speranza, conversione dalla tristezza alla gioia, e anche conversione alla vita comunitaria» (ibid.).
L’incontro personale con Gesù Redentore «ci inserisce anche nella comunità dei fratelli: la comunione con il Signore è sempre anche comunione con gli altri» (Benedetto XVI, Conclusione della Visita pastorale in San Marco, Venezia 8 maggio 2011). Rifulge qui la bellezza dell’essere Chiesa aperta: «esemplare, capace di autentica amicizia evangelica» (Benedetto XVI, Saluto in Piazza del Capitolo della cattedrale, Aquileia 7 maggio 2011) come fu la Chiesa di Aquileia, della quale siamo eredi.
Di questa amicizia abbiamo fatto esperienza lungo tutti gli anni della Visita pastorale (2004-2011). Non solo abbiamo incontrato le parrocchie, le comunità religiose, le aggregazioni di fedeli, ma abbiamo trovato sorprendente accoglienza nei luoghi di aggregazione sociale, negli ambienti di lavoro e di studio, negli ambiti istituzionali, civili e militari. La grazia della comunione cristiana si è confermata essere un dono per tutti, un prezioso lievito che contribuisce a far fermentare tutta la pasta. In una società plurale come la nostra – e forse tanto più in essa – la quotidiana testimonianza cristiana diffonde pratiche capaci di riconciliazione e di pace. Infatti, i discepoli del Dio incarnato sono chiamati a vivere l’adesione a Lui proprio lì dove si gioca il destino della persona, della società e del creato. Nulla dell’uomo resta loro estraneo o indifferente.

5. Costruire la “città serenissima”
La fecondità civica di questa amicizia evangelica è segnalata da alcune suggestioni che Venezia regala ai suoi abitanti e visitatori e che sono in particolare sintonia con la festa di oggi. Provengono da tre simboli, che qui vorrei richiamare. Dal Ponte di Rialto in poi su quanti archi e portali, ai lati o nei pennacchi, l’Annunciazione ricorda il mistero della perenne compagnia di Dio all’uomo di ogni tempo e di ogni luogo! E come non citare la croce cosmica che sormonta le cupole di San Marco e di altre chiese, quasi un invito a comprendere «quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità» (Ef 3,18) del mistero di Cristo, che penetra e sostiene tutta la realtà? Ed infine sulla cupola di questa basilica e di diversi altri templi si staglia nel cielo la figura del Risorto, che imbraccia lo stendardo della vittoria sulla morte.
Se queste immagini scomparissero dai nostri occhi, Venezia ci apparirebbe più povera, quasi monca. La loro forza simbolica sta proprio nel fatto che esse appartengono ad un tessuto visivo capace di rinnovare ogni giorno la nostra memoria condivisa. Continuano ad essere segni che invitano a costruire la vita buona di una città. «Il nome “Serenissima” ci parla di una civiltà della pace, fondata sul mutuo rispetto, sulla reciproca conoscenza, sulle relazioni di amicizia. Venezia ha una lunga storia e un ricco patrimonio umano, spirituale e artistico per essere capace anche oggi di offrire un prezioso contributo nell’aiutare gli uomini a credere in un futuro migliore e ad impegnarsi a costruirlo» (Benedetto XVI, Incontro con il mondo della cultura, dell’arte e dell’economia, Venezia 8 maggio 2011). Edificare una città Serenissima che non riduca il Vangelo a puro contorno all’interno del vessillo cittadino significa non temere la forza della verità, anche come puntuale lotta contro il “male”.
In comunione di intenti si realizza in tal modo una vita civile in cui tutto l’umano fiorisce.

6. Nuovi orizzonti per il Nordest
La singolare festa del Redentore di quest’anno si fa potente stimolo per imparare Venezia e la sua vocazione all’interno del Nordest. E non solo di esso. «La città serenissima - ha detto il Santo Padre – può aiutare la progettazione dell’oggi e del domani in questa grande regione» (ibid.). In quest’ottica il Papa ha aperto importanti orizzonti al Nordest quasi configurandone una nuova fisionomia. Ha affidato alle più di cinquanta Chiese nate da Aquileia un nuovo ben preciso mandato: «Nella complessità [della società plurale] siete chiamati a promuovere il senso cristiano della vita, mediante l’annuncio esplicito del Vangelo, portato con delicata fierezza e con profonda gioia nei vari ambiti dell’esistenza quotidiana. Dalla fede vissuta con coraggio scaturisce, anche oggi come in passato, una feconda cultura fatta di amore alla vita, dal concepimento fino al suo termine naturale, di promozione della dignità della persona, di esaltazione dell’importanza della famiglia, fondata sul matrimonio fedele e aperto alla vita, di impegno per la giustizia e la solidarietà» (Benedetto XVI, Discorso nella Basilica, Aquileia 7 maggio 2011).
Dialogo, coesione, convergenza, integrazione e sviluppo sono parole sulla cui base il Nordest può svolgere anche un ruolo di promotore di pace nel Mediterraneo. Il Mare Adriatico, golfo naturale dell’Europa verso sud, continuando l’importante tradizione di accoglienza e di relazioni della Serenissima, può aprire tutto il Nordest ai popoli del mare nostrum che, proprio in questi tempi, domandano libertà. Il Nordest scopre una nuova dimensione per il suo futuro: l’asse Est-Ovest diviene anche significativa cerniera tra Nord e Sud. Essa farà sentire un benefico influsso anche sul nuovo modello di sviluppo legato all’inevitabile evoluzione delle imprese.
Il 2° Convegno di Aquileia, a cui le 15 diocesi del Veneto, del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia si stanno, ormai da più di un anno, preparando, si farà carico di questa nuova fisionomia dei nostri territori. Approfondendo l’insegnamento offerto dal Santo Padre in vista di questo Convegno le Chiese promuoveranno una nuova evangelizzazione che sappia, con le debite distinzioni, rispondere adeguatamente all’evoluzione sociale, culturale e politica delle regioni italiche, slave e germaniche legate ad Aquileia e al loro nuovo compito nei confronti del Sud.
L’equilibrata accoglienza dei migranti, che si sta realizzando in armonia con le Istituzioni, aiuterà questo nuovo impegno dai contorni ancora imprevedibili. La lunga esperienza di condivisione delle varie forme di povertà e di emarginazione in atto da decenni nel Patriarcato e in tutte le Diocesi del Nordest è buona garanzia della realistica serietà di questo impegno.

7. Affrontare con decisione l’emergenza educativa
Entro questi nuovi orizzonti del Nordest non possiamo non tenere presente anche taluni rilevanti fenomeni di disagio quali l’abbandono scolastico precoce, l’inattività (NEET), la disoccupazione, la precarietà e la perdita del lavoro. In questo contesto quella che è stata chiamata “emergenza educativa” sta assumendo le dimensioni e i contorni della questione sociale del nostro tempo. Non si può restare inerti di fronte all’accusa di “non essere un Paese per giovani!”. Il compito educativo ha però bisogno di una chiarezza di obiettivi. Esso non può ridursi allo stereotipato richiamo ai valori, ma domanda un impegno personale e comunitario a far fare l’esperienza dei valori, come ha opportunamente rilevato il “Rapporto-Proposta della Conferenza episcopale italiana” (La sfida educativa, 11).
Con tale intento quest’anno i nostri patronati hanno potenziato i Grest, le comunità parrocchiali e le aggregazioni di fedeli hanno promosso vacanze guidate e campi-scuola. Sono preziose opere educative che hanno visto un crescendo di partecipazione. Esse si collegano armonicamente con l’ordinaria azione catechetica, di carità e di cultura che da sempre la Chiesa, in sé e per sé soggetto educante, propone alle nostre popolazioni.
Anche lo Studium Generale Marcianum e la Fondazione Internazionale Oasis – oltre a consolidati istituti e strumenti quali i Gruppi di ascolto, la Scuola “Santa Caterina d’Alessandria”, la Scuola biblica, ecc.) – intendono dare il proprio contributo in tal senso.
Le famiglie, a cui spetta primariamente la responsabilità educativa, dovranno essere sostenute da politiche adeguate. è urgente inoltre che gli uomini e le donne della seconda generazione (tra i 18 e i 50 anni) sappiano essere protagonisti responsabili e decisi all’interno delle comunità ecclesiali e della società civile.

8. Vita buona, giustizia, legalità
Allargando lo sguardo al delicato momento di transizione che non solo la realtà italiana ma anche quella mondiale sta attraversando, l’invito del Papa ad attuare un «rispettoso confronto costruttivo e consapevole con tutti i soggetti che vivono in questa società» (Benedetto XVI, Discorso nella Basilica, Aquileia 7 maggio 2011) urge alla concezione e alla pratica di una adeguata vita buona in cui dimori la giustizia. Non si dà l’una senza l’altra: come ha affermato Paul Ricoeur la «vita buona con e per l’altro nasce all’interno di istituzioni giuste», e istituzioni giuste non si istaurano e non si mantengono senza una tensione di tutti i soggetti sociali a una vita buona.
Ma, a loro volta, vita buona dei soggetti e istituzioni giuste assumono il loro rilievo politico nella misura in cui sono orientate alla ricerca condivisa del bene comune di tutta la realtà sociale. Come l’azione buona è tale solo se tesa a coinvolgere ogni membro della famiglia umana rispettando la regola della prossimità, così, guardando all’insieme di una società, ogni agire non è pienamente retto se non tiene conto del bene comune. Esso poi consiste in quella dimensione dell’agire stesso che riguarda il bene del tutto sociale in quanto costituito da persone umane. Afferma giustamente il Catechismo della Chiesa cattolica: «Una società che, a tutti i livelli, vuole intenzionalmente rimanere al servizio dell’essere umano è quella che si propone come meta prioritaria il bene comune, in quanto bene di tutti gli uomini e di tutto l’uomo» (Catechismo della Chiesa cattolica, 1912).
È evidente che tutto ciò richiede, insieme, vita buona delle persone e giustizia delle istituzioni. Domanda inoltre che il rapporto tra vita buona, giustizia e leggi sia vissuto, con gradi diversi di responsabilità, da ogni cittadino, indipendentemente dal ruolo sociale che ricopre. La pratica della giustizia non può essere mai delegata. Oggi, piuttosto, vi è l’urgente bisogno educativo di rendere consapevoli ciascuno delle oggettive implicazioni sociali e di bene comune del proprio agire.
In proposito, la storia di Venezia, in cui relazioni sociali e intraprese – prima commerciali e poi anche turistiche ed industriali – si sono intrecciate, così come la straordinaria ricchezza della società civile del Nordest, sono dotate di un prezioso patrimonio: documentano che l’amicizia civica è una condizione imprescindibile per edificare una società secondo giustizia e che solo all’interno di questo orizzonte antropologico ed etico il necessario richiamo alla legalità, cui la Conferenza episcopale italiana fa da tempo riferimento, diventa efficace.
Infatti, anche nell’odierna società plurale, la legge non può, almeno di fatto, prescindere dall’obiettivo di educare ad agire secondo virtù, anzitutto le virtù che riguardano direttamente la vita comune.
Per questo in democrazie plurali, sempre tendenzialmente conflittuali, il ruolo delle Istituzioni assume un peso tanto decisivo quanto delicato. Resta fortemente attuale l’invito – già contenuto nel celebre documento “Educare alla legalità” elaborato nel 1991 dalla Commissione ecclesiale “Giustizia e pace” della Conferenza episcopale italiana e più volte reiterato –-a che le Istituzioni attuino il loro compito, rispettando rigorosamente i loro ambiti ben delimitati di competenza, anche nell’esercizio della loro funzione di reciproco controllo.
È sempre più chiaro che il Paese ha bisogno di un soprassalto di coscienza civica, soprattutto in questi tempi di grave crisi economico-finanziaria. Questa non potrà certo trovare soluzione nei pur necessari aggiustamenti tecnici delle regole di mercato, perché il mercato non è un fatto di natura, ma di cultura e dunque ha nel fattore umano e nella sua qualità morale una componente indispensabile. Anche la riforma del mercato chiede rinnovamento antropologico ed etico.
L’invito del Santo Padre, fatto proprio dal Presidente della Conferenza episcopale italiana, a un rinnovato impegno dei cattolici in politica sta dando vita a diversi tentativi di singoli e di aggregazioni. Se promossi con il necessario realismo etico e politico, essi potranno dare un utile apporto al Paese.

9. Orientare la transizione
Anche Venezia ed il Nordest sono immersi nel passaggio epocale in atto in tutto il pianeta. Si tratta di una transizione, non priva di forte travaglio, dalla modernità al postmoderno, di cui tutti gli uomini e le donne del nostro tempo portano i segni. Questo rapido e tumultuoso cambiamento, questa transizione appunto, è particolarmente evidente in ambito sociale, culturale, economico e politico. Per questo sono lieto di comunicare che i giorni scorsi ho formalmente istituito le prime due Unità di lavoro per la transizione (U.L.Tra), una per il litorale e l’altra per la città lagunare.
Sono organismi che, con preciso riferimento alla Dottrina Sociale della Chiesa, intendono mettere in collegamento persone che operano negli svariati ambiti della società civile in vista di un confronto e di una collaborazione aperta a tutti.
Ben coscienti della netta distinzione che intercorre tra realtà ecclesiale e società civile, questi organismi opereranno al fine di valorizzare, mediante proposte concrete, il bene politico primario dell’essere insieme.
Le Unità di lavoro per la Transizione non nascono a tavolino ma sono il frutto dell’impegno pluriennale di uomini e donne del Patriarcato in ambito sociale, culturale e politico. Soprattutto lungo l’arco della Visita Pastorale abbiamo colto l’esigenza di creare queste realtà per dare stabilità ad una trama ormai significativa di relazioni ecclesiali e civili.
Consapevoli delle inevitabili implicazioni sociali della vita cristiana, ognuna di queste Unità di lavoro per la transizione, la cui fisionomia sarà singolare e specifica perché ben radicata nel territorio in cui opera, favorirà la presenza stabile ed operosa delle comunità parrocchiali, delle aggregazioni di fedeli e di ogni cristiano nella società civile.
La loro attenzione sarà rivolta al con e al per dell’altro, qualunque sia il suo credo religioso e politico. Con umiltà daranno il loro contributo di solidarietà, di idee e di iniziative.
Una particolare attenzione verrà portata all’evoluzione del mondo del lavoro che chiede di essere ripensato – il doloroso caso di Marghera ancora privo di prospettive insegni ..! – all’interno della complessa rete di fattori entro i quali oggi è imprescindibile affrontare ogni questione sociale.

10. Gesù Cristo, preziosa risorsa
Al termine di questa celebrazione eucaristica, uscendo sul sagrato, invocheremo la benedizione su Venezia e il Nordest, il territorio, gli abitanti e i visitatori. Lo faremo adorando il Signore presente nel sacramento dell’Eucaristia, segno efficace dell’amore di Dio. È questo amore il fondamento, la garanzia e il sostegno del nostro sperare. «Dio – infatti – non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Vangelo, Gv 3,17). In questo amore Dio ci tiene saldi e legati strettamente a Sé. È in forza di questo amore che “la città serenissima” ritrova “salute”.
La speranza cristiana non è una virtù privata, ma di tutta la comunità ecclesiale il cui unico scopo è testimoniare che Gesù Cristo Redentore è, anche in quest’epoca post-moderna, preziosa risorsa per l’umanità intera.
In questo Vespero di festa lo Spirito Santo ci conduca a conoscere, amare e servire Cristo. San Paolo rafforza questo nostro proposito: «Cristo in voi, speranza della gloria» (Col 1,27). Amen.

da angeloscola.it

I primi 365 giorni di Sacris Solemniis


E' ormai trascorso un anno dal primo post apparso su Sacris Solemniis. Ricco di piacevoli occasioni, come la visita del Santo Padre, il periodo trascorso è passato con non poche difficoltà, emerse soprattutto nel tentativo di delineare uno spazio concreto, dedicato alle realtà cristiano-cattoliche venete, alla scoperta di Fede, preghiera, tradizioni e dei numerosi tesori artistici e musicali, che una religiosità radicata nei secoli ha plasmato tra le città, i paesi, le parrocchie nei territori della Serenissima. Lanciando uno sguardo alla "nuvola delle etichette", posta a destra, sotto all'immagine d'intestazione, otto sono le parole che primeggiano: Papa, Benedetto XVI, Liturgia, Messa, Veneto, Chiesa, Venezia e Preghiera. Otto parole che sintetizzano quello che vuol trasmettere e proporre questo spazio web, a partire dalla fondamentale importanza della figura del Vicario di Cristo e del Suo Ministero, la Messa e la Liturgia nell'apice della santa Eucaristia [...] centro della Chiesa ma pure centro del nostro essere cristiani, sicuramente una sorta di provocazine in un Veneto travolto dal nuovo millennio e dalla più fervida secolarizazzione che continua a sconvolgere anche le realtà più tradizionalmente religiose delle terre di San Marco e di San Prosdocimo. La presenza di quelle otto etichette, così significative ci conforta e sembra indicarci la giusta strada. Per camminare più in fretta e in modo profiquo abbiamo però bisogno di collaboratori che aiutino a proporre e segnalare le realtà quotidiane delle diocesi venete. Per questo invitiamo, chi è interessato e si rende disponibile a diventare nostro collaboratore, a contattare la Redazione all'indirizzo mail blogsacrissolemniis@gmail.com.
Una delle nostre grandi difficoltà è la gestione dei commenti dei lettori, interessante fonte di dialogo ma che spesso e volentieri sfocia nella pesantezza e nell'arroganza di certi commentatori. Per questo teniamo a sottolineare che la Redazione di Sacris Solemniis non è responsabile del contenuto, delle opinioni e delle espressioni dei commenti.


Un po' di numeri...
visite totali: 120.000 (7/2011)
Il maggior picco di visite (da 13.500 a 24.900 visite) è stato registrato a Maggio, con la Visita di Papa Benedetto XVI.
visite per paese (7/2011):
  1. Italia 95.421
  2. Brasile 6.225
  3. Stati Uniti 6.588
  4. Germania 1.325
  5. Spagna 1.160
  6. Regno Unito 960
  7. Polonia 813

Angolature scorzetane




Cappella di Scorzè, Organo Tamburini, Parrocchiale di San Giovanni Battista.



Il Redentore 2011 e le ultime tappe del Cardinal Scola a Venezia


Al via la Festa del Redentor 2011: Sabato 16 luglio – alle ore 19.00 e alla presenza del card. Scola, del Sindaco e delle autorità cittadine – sarà aperto e inaugurato ufficialmente il ponte votivo che, attraverso il canale della Giudecca, condurrà direttamente al Tempio del Redentore dove subito dopo, alle ore 19.30, sarà celebrata l’Eucaristia. Un’altra messa è prevista anche alle ore 24.30, immediatamente dopo i fuochi d’artificio.  Domenica 17 luglio le messe nella basilica del Redentore saranno celebrate nei seguenti orari: 8.00 – 9.00 – 10.00 – 11.00 – 12.00 – 16.30 – 17.30. Alle ore 19.00 si svolgerà la solenne concelebrazione eucaristica presieduta dall’Amministratore Apostolico card. Angelo Scola con la partecipazione del Capitolo metropolitano, delle Congregazioni del clero, della Comunità cappuccina, dei parroci e delle autorità cittadine; a seguire vi sarà la processione eucaristica fino all’esterno della chiesa e la benedizione della città. Si rinnoverà così – seguendo una tradizione che risale ad oltre quattro secoli fa – il pellegrinaggio di tante migliaia di fedeli che attraverseranno il canale della Giudecca per sciogliere l’antico voto che risale al XVI secolo quando la città fu colpita da una terribile peste (1575 – 1577).

Intanto la festa del Redentore, religiosa e civile insieme, offrirà anche quest’anno al card. Scola l’occasione per rivolgere alla città (e non solo) il suo tradizionale discorso che riprenderà e rilancerà i temi della recente visita del Santo Padre a Nordest. Dal 2003 in poi i “discorsi del Redentore” del Patriarca di Venezia hanno affrontato temi fondamentali per la vita personale e comunitaria, divenendo occasioni di dibattito e confronto ad ampio raggio.Questi i passi via via compiuti:

La festa del Redentore sarà uno degli ultimi appuntamenti “veneziani” del card. Angelo Scola, prima dei gesti ufficiali di congedo che si svolgeranno nei primi giorni del prossimo mese di settembre: lunedì 5 settembre, al Teatro La Fenice (ore 20.30) e su iniziativa del Comune di Venezia, ci sarà il momento di saluto da parte delle autorità civili mentre mercoledì 7 settembre, nella basilica cattedrale di S. Marco (ore 18.30), si terrà la solenne concelebrazione eucaristica per il saluto da parte della Chiesa veneziana.



da angeloscola.it

A Verona, una tomba di Papa


Tra le belle opere, gli Altari, i preziosi monumenti e gli affreschi della Cattedrale veronese si può incontrare un curioso sigillo tombale: è plasmato nel marmo locale e consunto dai piedi che nei secoli l'hanno calpestato, forse inconsapevoli di stare sulla tomba di Lucio III. Eletto Pontefice nel 1181 a Velletri dove sedeva vescovo, fu Papa poco romano, obbligato a fuggire in esilio verso Anagni per poi ripiegare in Verona dove nel 1184 tenne un Sinodo in cui ebbe occasione di pronunciarsi contro i Catari, Patarini, Arnaldisti e Valdesi. Schiettamente anti-imperiale, Regnò tra le angherie dell'Imperatore Federico I che mirava alle eredità di Matilde di Canossa, e le pretese di Enrico VI che il Lucio rifiutò d'incoronare poco prima di morire, nel novembre del 1185. La salma fu inumata in un loculo terragno nel presbiterio della Cattedrale cittadina e coperto da una lastra tombale raffigurante il Pontefice disteso, abbigliato con i paramenti papali e con tiara in capo, affiancato da cherubini incensanti e da una figura riverente che si appresta a baciar la papal pantofola. La pietra restò a suo posto sino al 1879 quando, per motivi di conservazione, fu levata da terra e addossata alla navata destra, dove ancora di trova. 

La lastra tombale di Lucio III

Veneti episcopi: Giovanni Urbani



Giovanni Cardinal Urbani, Patriarca di Venezia già Vescovo in Verona.



Arrivarono pure le piramidi (meditative)


Rituali satanici, magia nera, immagini della Vergine Maria sostituite con nani da giardino: sui Colli Euganei continuano le perforamance del diversamente sacro. Questa volta spunta la piramide d'egiziana memoria alla cui costruzione "hanno collaborato forze invisibili" che permetterà di stabilizzare i "cinque maggiori punti energetici che sostengono la penisola italiana, nell'evento di imminenti modifiche delle energie italiane e planetarie collegate al Periodo del 2012" e di "controllare i propri processi fisici e psichici (cioè quando si utilizza la struttura come potenziatore del collegamento mente-materia) sono così convincenti da mettere a riposo l’errato concetto cartesiano che vi sia una netta separazione tra la mente e la materia". Piccolo particolare: la piramide 7x7x7 è abusiva.

Una piramide nel cuore dei Colli Euganei. L'accostamento può suonare bizzarro, ma la piramide esiste davvero. Alta 7 metri, svetta sulle pendici del monte Venda, in via Sassoni 26 a Valnogaredo, di fianco all'agriturismo Alto Venda.

Un triangolo azzurrino visibile, in mezzo al verde, anche percorrendo la strada del Buso dea Casara. A poca distanza dal centro di educazione ambientale di Casa Marina, ovvero proprio nel cuore del Parco dei Colli Euganei. Per il quale l'opera è, semplicemente, un abuso. Non la pensano così invece gli ideatori e costruttori della «Piramide di luce», che nasce come luogo dedicato essenzialmente alla meditazione. A darle vita l'associazione «La Piramide di luce», con sede a Nove (Vicenza). «La nostra associazione - spiega il presidente, Mauro Lando - è nata dal desiderio di costruire una struttura che avesse un apporto energetico di aiuto per le persone».

Perché la scelta del sito è caduta sui Colli Euganei? «La nostra ricerca di un posto è partita dalla zona di Assisi, ma non abbiamo raggiunto un accordo. Qui invece abbiamo trovato la collaborazione dell'agriturismo. E nei Colli Euganei, dal punto di vista geologico, c'è una fortissima energia: era il posto ideale». Inaugurata il 12 settembre 2010, la piramide è una struttura a base quadrata, con base e altezza di 7 metri. E' realizzata con un'intelaiatura di legno, rivestito internamente ed esternamente con lastre di granito sardo. All'apice della piramide è invece collocato un blocco di onice. Il tutto è isolato e coibentato dal punto di vista acustico e termico. Una porta che si apre verso l'alto permette l'ingresso all'interno, dove si trova solo un semplice pavimento di legno, con un tappeto al centro e qualche candela.

Qui si entra per meditare. L'ingresso è riservato agli associati, che versano la quota annuale di 10 euro. Ma si può diventare soci anche acquisendo una o più lastre di granito della piramide, al costo di 80 euro l'una. E' anche possibile comperare in loco una serie di oggetti e gadget «caricati» dall'energia della piramide. Il tutto, precisa l'associazione sul suo sito (www.piramidediluce.net) è senza scopo di lucro: tutti i fondi vengono impiegati per le spese correnti e per ripianare i prestiti ricevuti per la realizzazione dell'opera.

Ma chi sono i «frequentatori» della piramide? «Soprattutto persone che s'interessano di meditazione, di yoga e gruppi di ricerca personale - replica Lando - ma col passaparola sono arrivate anche persone del posto a fare la loro esperienza, dal muratore al medico».

L'unico «neo», è che la struttura risulta completamente abusiva. Ne sa qualcosa l'Ente Parco dei Colli Euganei, che ha avviato un procedimento per abuso edilizio: è già partita un'ordinanza per la remissione in pristino dei luoghi. «Noi abbiamo usato dei volumi preesistenti - specifica Lando - In quest'area c'erano delle baracche e il Parco stesso aveva chiesto di accorparle. E i lavori non sono ancora finiti: i nostri tecnici stanno discutendo con il Parco un progetto che prevede d'inserire la piramide in una struttura esterna, per cui non sarà quasi più visibile».

Riti notturni tra le rovine del monastero degli Olivetani, sul Monte Venda


articolo de Il Mattino di Padova, immagine da Flickr (E. Donà)

Avviso Sacro: Messa "cantata" alla Basilica Antoniana

Messa "cantata" alla Cappella del Santissimo Sacramento, giugno 2010

Ancora una Messa nella Forma Extraordinaria del Rito Romano tra le mura della Basilica del Santo. La musica è assicurata dalla Cappella Musicale di San Simeon Piccolo.

Giovedì 21 Luglio, ore 11:30

Pontificia Basilica di Sant'Antonio in Padova
Cappella della Madonna Mora

Missa Cantata
nella Forma Extraordinaria del Rito Romano

Celebra P. Konrad Zu Loewenstein FSSP
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