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Lengoa veneta e Liturgia: per Gardin non s'ha da fare



Treviso in balia della Liturgia: dopo il caso della Messa in Forma Extraordinaria di Vetrego, saltata per presunte amarezze curiali, altri grattacapi in lengoa per il Vescovo Gardin.
Volevano celebrare una Santa Messa in lingua veneta, ma la Diocesi nega l’autorizzazione. E adesso a Vedelago regna l’amarezza.
Il rito religioso, unico nel suo genere, era previsto per domenica prossima, giorno della Pentecoste, di fronte al municipio del comune. L'evento si inseriva all’interno della prima edizione della «Festa delle origini venete», nata su iniziativa dell'associazione «Raixe venete» e supportata dal comune leghista retto da due mandati dal sindaco Paolo Quaggiotto.
La Curia di Treviso, ricevuta la notizia, ha preso però subito posizione, e non certo a favore di una simile iniziativa. «Non esiste assolutamente il permesso di celebrare la messa in lingua veneta, perché non esiste alcun messale approvato dall'apposita commissione romana -si legge nella nota- Le lingue consentite per le funzioni religiose sono quella italiana e latina, oppure lingue locali come ad esempio il friulano. Quella veneta no. Il permesso lo può dare solo la Santa Sede, ma non risulta che abbia approvato la lingua veneta per le celebrazioni. Chi le facesse, agisce fuori dalle regole. L'unica parte di una messa che potrebbe essere pronunciata in veneto -viene infine precisato- è l'omelia». Renzo Franco, assessore alla sicurezza e all'identità veneta e principale promotore dell'iniziativa, replica piuttosto seccato. «È ingiusto questo attacco della Diocesi -sottolinea- La lingua veneta è tra le più antiche d'Europa. Non voglio arrabbiarmi ma organizzando questa celebrazione non stiamo facendo nulla di male. Ora cercheremo di porre riparo, non è giusto far saltare la Messa: ma così perde tutto il nostro sistema territoriale veneto». Gli organizzatori avevano preparato un fitto programma con mostre di mezzi agricoli d'epoca, degustazioni, sfilate a cavallo oltre all'esecuzione dell'inno e l'alzabandiera della Serenissima, la dimostrazione dell'antica trebbiatura e un torneo di tiro alla fune. Ma la vera novità era proprio la Santa Messa in veneto che nelle intenzioni doveva essere officiata dal parroco di Cavasagra, don Lorenzo Piran. Sulla vicenda è intervenuta in serata anche l’associazione Raixe Venete: «È una celebrazione religiosa sulla quale ci sembra logico che a decidere sia la chiesa. La messa in dialetto veneto è un tema che ci sta a cuore e che intendiamo affrontare in futuro, ma senza fare polemica».

da Il gazzettino, immagine da angeloscola.it

3 commenti:

LALLO GRINTON ha detto...

Brao Gardin! O e robe se fa co criterio, o se fa manco de farle!

Anonimo ha detto...

In questo caso ha ragione la diocesi: solo la Santa Sede può dare l'opportunità di celebrare in una certa lingua; e oggi quell'opportunità non c'è, perché non esiste una traduzione approvata del Messale in lingua veneta.

Più che altro risulta difficile, ancora una volta, comprendere come la volta scorsa, in occasione dell'altra Messa, in rito tridentino, la Curia abbia voluto fermare tutto. Qui la Santa Sede permette, anzi, favorisce che si celebri in rito antico. Una motivazione seria, in questo caso qua, deve ancora arrivare. O sbaglio?

pietro ha detto...

Basta Messe del fai da te, altrimenti ognuno, a secondo di come ha dormito la notte, si alza e celebra come vuole. Mi può andar bene quando alcuni sacerdoti usano il dialetto locale durante l'omelia, poiché tante volte viene spontaneo per il dialogo e per fare capire alcuni concetti, tante volte il parlare forbito può anche non essere capito. Nella mia provincia se si dovesse celebrare in dialetto sarebbe un grande casino, poiché è molto vasta e sparsa in montagna, collina e pianura e dentro tali paesi ci sono tantissimi dialetti, che a distanze anche minime di 10 o 15 chilometri non ci si capisce. Allez cordialmente.

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