La Sistina preparata per il Conclave: sull'altare l'arazzo che rappresenta la venuta dello Spirito Santo sopra i discepoli, copiato dall' originale di Giuseppe Chiari romano. |
Roma, Papi e riti: l'antica Liturgia Papale nella Solennità di Pentecoste descritta ed illustrata da Gaetano Moroni negli anni '40 dell'Ottocento.
23. Vespero Papale della Pentecoste.
Questo ha luogo nella Cappella palatina dove il Papa risiede, recandovisi con piviale rosso, e mitra di lama d'oro; e i Cardinali con vesti, cappe, e tutt' altro rosso, co'domestici colle livree di gala. L'arazzo dell'altare rappresenta la venuta dello Spirito Santo sopra i discepoli, copiato dall' originale di Giuseppe Chiari romano. Il baldacchino dell' altare, e quello del trono sono di velluto rosso, del qual colore sono il paliotto, e la coltre del trono, e la coltrina della sedia Pontificia, cioè di lama d'oro rossa. Anche questo vespero si regola a norma di quello dell'Epifania , meno però, che mentre i cappellani cantori cantano adagio il Deo gratias del capitolo, il Papa discende dal soglio, e deposta la mitra, s' inginocchia al genuflessorio ( i cui cuscini sono pure rossi ) per l'inno: Veni creator Spiritus, che intuonano due soprani anziani.
24. Cappella Papale per la festa di Pentecoste.
Questa solennità fu detta Pasqua rosata, perchè in molte chiese d'Italia si spargevano dall'alto delle rose, ed anche in S. Giovanni in Laterano, mentre in altre chiese al canto dell' inno Veni creator Spiritus, si suonavano le trombe per denotare il repentino fuoco, il quale precedette la venuta dello Spirito Santo, che in questo giorno celebra la Chiesa. Anticamente nella chiesa di santa Maria ad Martyres si recavano i Pontefici col clero, nella domenica precedente alla Pentecoste, a celebrarvi la stazione, e la messa dello Spirito Santo; nel qual tempo dalla sommità del tempio si gettavano delle rose, per cui rimase il rito di dispensarle in coro in questa festività; e sulla stessa venuta si recitava un analogo sermone.
In progresso di tempo questa Cappella celebravasi a tenore della disposizione di Sisto V, nella basilica di S. Pietro, ove in questo giorno è la stazione; ed il Sestini, fino al 1634, ci assicura, che in S. Pietro tenevasi questa Cappella, avvertendo che se il Papa volesse cantare la messa, allora i Cardinali assumeranno i paramenti rossi, adunandosi nella camera de' paramenti, e partendo da questa la processione; il che si fece tutte le volte che in tal giorno voleva il Papa fare Pontificale, ed altrettanto si dovrebbe praticare pure oggidì nelle circostanze straordinarie, come si fa per le consuete. Benedetto XIII, nel 1725, tenne Cappella, tanto nel vespero, che in questa mattina, nella basilica lateranense; e nel 1727, essendo tornato da Benevento, cantò messa in S. Pietro, e poi diede la solenne benedizione, che non avea dato per l'Ascensione: benedizione, che pure in questo giorno, nel 1765, diede Clemente XIII dalla loggia del Quirinale, giacchè per la dirotta pioggia non l'avea potuta compartire per l' Ascensione.
Attualmente questa festività celebrasi nella Cappella del palazzo apostolico abitato dal Sommo Pontefice, essendo l'altare, e il trono come nel vespero precedente. I Cardinali v' intervengono con due carrozze, co' domestici in livree di gala , ed in vesti, cappe e tutt'altro rosso. Il Papa vi si conduce come il giorno antecedente, ma col triregno, ed anticamente usava i flabelli, recandovisi in sedia gestatoria. Canta messa un Cardinal vescovo suburbicario, co' paramenti rossi, e terminata l'epistola, si canta l'alleluja da due soprani, mentre il Pontefice scende dal trono, e va ad inginocchiarsi al genuflessorio, deponendo la mitra. Indi i medesimi due soprani intuonano il verso: Veni creator Spiritus, che colla sequenza, e l'alleluja, dura finchè il Papa, tornato al soglio, ha letto l'epistola, e il vangelo, e posto l'incenso nel turibolo, e sinchè il diacono abbia preso la Pontificia benedizione.
Il discorso si recita in cappa paonazza, e berretta nera, da un alunno del collegio urbano di Propaganda Fide, e si distribuisce stampato dopo la Cappella, avendo l'alunno pubblicato a suo tempo l'indulgenza di trent'anni. Fu a detto collegio accordato questo privilegio da Clemente XIV, in virtù d'un breve de' 16 luglio 1773, giorno in cui soppresse la ripristinata Compagnia di Gesù, dalla quale era diretto il seminario romano, poco prima dal detto Papa eziandio soppresso, del quale privilegio appunto i convittori nobili erano in possesso. Il Cancellieri nelle sue Cappelle Pontificie (Roma 1790, a p. 340, e 34 r), tesse l'elenco di alcune "orazioni, sermoni, e discorsi sulla venuta dello Spirito Santo, recitati in questo giorno avanti il Papa, i Cardinali, e quelli che hanno luogo in cappella, cioè quelli pubblicati colle stampe incominciando nel 1593" ; rilevandosi, che sino dal 1617 nel Pontificato di Paolo V un alunno o convittore del seminario romano lo recitava, che fino al 1627 la cappella quasi sempre si tenne nella basilica vaticana, e che dopo tal anno ebbe per lo più luogo nella Paolina del palazzo Quirinale. Leggiamo però nella vita d'Innocenzo XII, Novaes tom. XI, p. 115 , che nel 1692 sermoneggiò in questo giorno nella Cappella Pontificia, il p. Francesco Tuzzi celebre gesuita, adattando giustamente a quel caritatevole Pontefice il versetto dell'inno della festività: Veni Pater pauperum, come quello, che dèi poverelli fu denominato: il padre de' poveri. Finalmente il mottetto dopo l' offertorio, Cum complerentur, è del Palestrina, colla seconda parte, la quale si suol dire, e si termina al solito degli altri mottetti. Se il Papa non assiste alla messa, il coro regola tutta la funzione col celebrante, il quale al verso Veni sancte Spiritus, s'inginocchia davanti il faldistorio, e la funzione è tutta andante, siccome avverte Andrea Adami.
da LE CAPPELLE PONTIFICIE cardinalizie e prelatizie di Gaetano Moroni
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