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Scola Arcivescovo di Milano: le dinamiche di una nomina


In attesa della nomina del nuovo Patriarca di Venezia, riviamo le tappe (pur sempre presunte) che hanno portato il Cardinal Scola sulla Cattedra di Ambrogio.

di Marco Tosatti (Vatican Insider)
Non c’è estate senza il suo tormentone, e quello del 2011, almeno per quanto riguarda il nostro mondo vaticano sembra incentrato su Benedetto XVI, la diocesi di Milano e la nomina del cardinale Angelo Scola, già patriarca di Venezia a succedere a Dionigi Tettamanzi. Benedetto XVI, dicono alcuni illustri colleghi, avrebbe deciso di scegliere Scola a causa di una sapiente campagna mediatica, e non in base a convinzioni personali. Ne hanno scritto Andrea Tornielli (per confutare la tesi) Aldo Maria Valli, Giancarlo Zizola e don Filippo di Giacomo, last but not least. Dal momento che non c’è niente di più affascinante che partecipare alla nascita di una leggenda mi permetto di portare anch’io il mio contributo, basato sugli appunti di una serie di conversazioni avute negli ultimi dieci mesi al di là del Portone di Bronzo.
La prima volta che mi è stato indicato che Benedetto XVI avrebbe gradito affidare l’eredità ambrosiana al patriarca di Venezia è stato agli inizi del dicembre 2010. Una fonte molto vicina all’Appartamento mi informava del fatto che “alla fine di febbraio verrà annunciato il successore del cardinale Dionigi Tettamanzi”. Tettamanzi avrebbe, sempre secondo questa fonte, inutilmente tentato di ottenere da Benedetto XVI un’ulteriore proroga al suo mandato a Milano. Tettamanzi era ufficialmente scaduto il 14 marzo 2009; era ancora arcivescovo di Milano, per cui si trovava oltre un anno e mezzo dalla sua scadenza ufficiale, e aveva suggerito a papa Ratzinger un altro periodo di prorogatio.
Benedetto XVI non aveva apprezzato; tanto che ha dato disposizione di informare in maniera un po’ fredda e formale, visti gli usi vaticani, l’arcivescovo. Ha suggerito che il Nunzio in Italia annunciasse con lettera all’arcivescovo il pensionamento nei primi mesi del 2011. Sin da quel momento mi è stato fatto il nome di Scola come candidato preferito e “in pectore” di Benedetto XVI; e mi è stato chiesto di non rivelare questa preferenza, proprio per non correre il rischio di bruciare un candidato che avrebbe certamente ricevuto un’accoglie mista, quanto a calore….
Intanto partiva la corsa per la successione. E in realtà l’ha aperta ufficialmente Tettamanzi, in realtà, chiedendo al neo cardinale presidente del pontificio Consiglio per la Cultura, Gianfranco Ravasi, di tenere un pontificale nel duomo di Milano. In pratica, l’ha “lanciato” come suo successore. L'arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi gli ha rivolto questo saluto in duomo: "Molti tra i presenti, o forse tutti, sacerdoti, persone consacrate, fedeli laici e anche non credenti - ha detto - hanno trovato in te, direttamente o tramite i tuoi scritti, un autentico maestro della Parola. Tu ci hai insegnato a vedere la Parola di Dio come il Verbo che si fa carne nella cultura dell'uomo. Partendo dalle parole, dai concetti, dai simboli, dai sentimenti, persino dai sogni degli uomini - con tutte le infinite sfumature che l'esperienza umana assume nel corso del tempo e nello spazio - Dio si è rivelato con la potenza della sua Parola”.
Ravasi per un po’ ha accarezzato l’idea, e in quella che è stata la sua prima uscita pubblica da cardinale, Ravasi ha voluto ricordare il suo legame con la città e la diocesi ambrosiana. «Sono felice di essere oggi qui in Duomo dove ho mosso i miei primi passi da sacerdote», ha detto parlando a braccio dal pulpito e ringraziando Tettamanzi per le parole di affetto che gli ha rivolto all'inizio della celebrazione. “La mia diletta città potrebbe fare benissimo a meno di me, ma sono io che non posso fare a meno di essa perché mi pulsa nelle vene e nel sangue”. 
Ma il 24 febbraio scrivevo ( e quindi le informazioni erano relative a qualche giorno prima) che l’ipotesi Ravasi era stata affossata in maniera definitiva da Benedetto XVI, nonostante la suadente sponsorizzazione del cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone (sempre secondole fonti). “Ubi est, maneat”: con questa frase latina Benedetto XVI avrebbe risposto al suo segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, che in una conversazione faceva emergere il nome dell’illustre biblista come successore del card. Tettamanzi alla diocesi ambrosiana.

E scrivevo: “Il Papa avrebbe infatti escluso anche un trasferimento a Venezia, nel caso che si rendesse libero il seggio patriarcale. Che potrebbe, eventualmente, rendersi disponibile se il Pontefice decidesse di chiedere al Patriarca, il card. Angelo Scola, di assumere il non facile compito di gestire la diocesi ambrosiana. L’esclusione di Ravasi, che sembrava un candidato “naturale” sotto la Madonnina, e che godeva appunto della simpatia del braccio destro di Benedetto XVI, rende più complicato il puzzle della sostituzione”.
In realtà la battaglia per Milano è cominciata allora. Ed è consistita soprattutto nel “come” far giungere il patriarca di Venezia sotto la Madonnina, senza che sembrasse un gesto d’imperio di un Papa ben deciso, ma prudente, e desideroso di far arrivare in porto un candidato che sapeva non ben voluto da tutti nella capitale economica. Anche perché nella questione di Milano entravano in parecchi, a cominciare dal nunzio in Italia e a finire a cordate diplomatiche in Curia. In questa luce è da leggere l’allargamento della Plenaria della Congregazione per i Vescovi a un bouquet di nuovi membri, cardinali e non, destinati a rinforzare la candidatura di Scola. Allargamento giunto proprio, e non per caso, alla vigilia della “Plenaria” da cui poi è uscita la candidatura immediatamente accolta – e come poteva essere diversamente? – da papa Ratzinger. Nei giorni trascorsi fra la Plenaria e l’annuncio ufficiale tutti coloro che non amavano un candidato “conservatore” a succedere a Martini e Tettamanzi si sono dati da fare con parole opere e voci. Compresa quella di un possibile “gran rifiuto” dell’ultimo minuto del futuro arcivescovo di Milano. E, a parte questo, l’ipotesi di Benedetto XVI che si fa condizionare dai giornali (che sappiamo quanto ama e stima….) nella scelta di un vescovo, e del presule della più grande diocesi del mondo, mi sembra un tantino irreale. Ma è solo un’opinione personale.

9 commenti:

Lorenzo Perosi ha detto...

Se davvero è andata così, non mi stupirei se Scola al prossimo conclave ne uscisse Papa. Magari con il nome di Marco o di Pio o di Giovanni. Sappiamo che ha Venezia nel cuore.

Anonimo ha detto...

Non è vero. Scola ha sempre guardato a Venezia con sufficienza e distacco, come un pesce fuor d'acqua ... lo diceva lui stesso.

Anonimo ha detto...

Anche Scola -ciellino e grande amico dei neocatecumenali- pecca di ambizione (come tutti gli ecclesiastici acculturati).

Alla morte di Giovanni Paolo II si affrettò a farsi sponsorizzare da ambienti giudii come alternativo a Martini. Durò poco e fece poco clamore mediatico, ma la sua inopportuna fretta è significativa.

Perfino il ciellino Negri sapeva di essere stato più volte "nominato" come possibile vescovo di Milano, ma il suo nome è sempre stato fatto per bruciargli ogni candidatura. Gli è stato fatto infatti lo stesso scherzetto per altre diocesi lombarde e incarichi romani. Eppure Negri sarebbe stato l'ideale per la curia e il clero ambrosiani visto che ama "insegnare" e detesta "governare".

Per lo stesso principio del "meglio un idiota che ci maltratta che un ciellino che ci lascia tranquilli", gli ambrosiani osteggeranno Scola a Milano "a prescindere". Come da lunga tradizione.

Anonimo ha detto...

Perchè i milanesi sono cattivi cattivi con i preti.

Anonimo ha detto...

Ma proprio non mi consta...vero è che l'Arcidiocesi Ambrosiana ha una sua personalità ecclesiale abbastanza singolare e radicata e quindi è di "naso fino" con i suo pastori. Andare a fare l'Arcivescovo a Milano vuol dire avere a che fare con una Chiesa che sa e vuole tenerti testa e ti controlla e giudica in tutto ciò che fai. O sei a Lei congruo, oppure hai non pochi problemi ... e Scola li avrà. Non basta essere di Milano per essere Ambrosiano !

Pastor Angelicus ha detto...

Scola è partito, purtroppo lasciando dietro di sè un cumuletto di scoasse, e si sa che a Venezia d'estate c'è tanta spussa de pisso, esattamente com'è ora in Diocesi. Ci vorrebbe chi so io, ma dicono che non sia nelle grazie del Papa.
Scola parte per un esilio dorato. Venezia sprofonda nella melma delle sue scoasse maleodoranti.

Giovanni ha detto...

Caro Pastor hai proprio ragione....i pretazzi venexiani se lo meriterebbero sì un Ravasi o un Forte.... così rimpiangeranno per il resto dei loro giorni di aver disprezzato Scola......mentre i milanesi dovrebbero ringraziare di avere finalmente un Vescovo serio dopo tanti decenni.....

Davide ha detto...

Be dai...non mi dirai che il Cardinale Cè non fu un Vescovo serio...

Anonimo ha detto...

Il cardinale Cè è una figura immensa, un vero santo e un vero umile! Non per niente non lo si è mai visto nè su i giornali, nè in tv, e non c'è neanche un video su youtube con lui. Ma a Venezia è stato molto più presente in mezzo alla gente rispetto a Scola. Il suo afflato spirituale è profondissimo. Con lui la chiesa di Venezia ha raggiunto una vera autocoscienza, che poi si è andata perdendo. E' amatissimo dai veneziani, cattolici e non, che ancora lo rimpiangono.

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