Uno sguardo veneto sulla Liturgia, musica e arte sacra, le attualità romane e le novità dalle terre della Serenissima.
Sul solco della continuità alla luce della Tradizione.

Le ragioni di un nome: l'Inno Sacris Solemniis


Dal mattutino della solennità del Corpus Domini:

  1. Sacris solemniis juncta sint gaudia,
    Et ex præcordiis sonent præconia;
    Recedant vetera, nova sint omnia,
    Corda, voces, et opera.
  2. Noctis recolitur cœna novissima,
    Qua Christus creditur agnum et azyma
    Dedisse fratribus, juxta legitima
    Priscis indulta patribus.
  3. Post agnum typicum, expletis epulis,
    Corpus Dominicum datum discipulis,
    Sic totum omnibus, quod totum singulis,
    Ejus fatemur manibus.
  4. Dedit fragilibus corporis ferculum,
    Dedit et tristibus sanguinis poculum,
    Dicens: accipite quod trado vasculum;
    Omnes ex eo bibite.
  5. Sic sacrificium istud instituit,
    Cujus officium committi voluit
    Solis presbyteris, quibus sic congruit,
    Ut sumant, et dent ceteris.
  6. Panis angelicus fit panis hominum;
    Dat panis cœlicus figuris terminum;
    O res mirabilis: manducat Dominum
    Pauper, servus et humilis.
  7. Te, trina Deitas unaque, poscimus:
    Sic nos tu visita, sicut te colimus;
    Per tuas semitas duc nos quo tendimus,
    Ad lucem, quam inhabitas.

La traduzione in poesia del Sacerdote milanese Giuseppe Riva, estratta dal suo manuale di Filotea:

Ai riti solenni la gloria risponda;
si esterni quel gaudio che il cuore ci innonda
del patto vetusto non più si favelli,
sol cantisi il metro dei riti novelli;
Sia nuova ogni cosa nel labbro, nel cuore,
nell’opra che spieghi dell’alma il fervore.
La notte ricordasi dell’ultima cena,
lorquando con fronte tra mesta e serena,
coll’azzimo pane, Dio fatto mortale
mangiò co’suoi fidi l’agnello pasquale,
secondo la legge già data a Israele,
quand’era in Egitto suo servo fedele.
Compiuta la cena col tipico agnello,
Diè Cristo ai discepoli un Agno novello
Nel divo suo corpo, che ombrato dal pane,
spartito anche in fustoli intatto rimane,
e ognun lo riceve sì inter, sì grazioso
qual è su nel ciel Dio-Uomo glorioso.
Diè Cristo il suo corpo qual cibo ai suoi cari,
e il sacro suo Sangue lo porse del pari,
qual bibita in tazza, dicendo, bevete
voi tutti del vino che quivi vedete,
e in mia rimembranza poi fate altrettanto
piamente rimembrando tali giorni di pianto.
Così il sacrificio si vide istituito,
quel sol che all’Altissimo tornar può gradito
e ai soli Presbiteri fidossi l’uffizio
di poi rinnovare sì gran benefizio,
perché sen giovassero i primi suoi unti,
poi quanti lor fossero per fede congiunti.
Il pane degli angioli è fatto alimento
D’ogni uom che partecipa al gran Sacramento
Col pane celeste la fine si assegna
Ad ogni figura di Dio non più degna,
stupendo prodigio! A un vil servitore
sé stesso da in pascolo l’eterno Signore.
Dio unico e Trino che umil t’adora
Di ambita e perpetua tua visita onora,
sicchè le tue vie, battendo costante,
la meta raggiunga cui sempre è anelante,
e quella gran gloria in cui in ciel ti circonda
su ognun de’tuoi servi sempre si effonda.

L'Inno in canto:

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