Angelo Scola+ Patriarca di Venezia
Nel secondo volume Gesù di Nazaret Benedetto XVI, parlando dell’Ascensione di Gesù al cielo, fa riferimento a una notazione contenuta nel Vangelo di Luca. Gli Apostoli «si prostrarono davanti a Lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia» (Lc 24,53). Questa conclusione, continua Benedetto XVI, ci stupisce. Ci aspetteremmo il contrario: «che essi fossero rimasti sconcertati e tristi» perché Gesù se n’era definitivamente andato. Insiste il Papa. «Ogni addio lascia dietro di sé un dolore». Come facevano allora i Suoi ad essere in una grande gioia? «Non si sentirono abbandonati». Sono certi che «il Risorto è presente in mezzo a loro in una maniera nuova e potente».
La reazione degli Apostoli di fronte all’Ascensione di Gesù mi ha aiutato a meglio situare il gesto che abbiamo compiuto. Sua Eccellenza Monsignor Beniamino Pizziol ci lascia per assumere l’oneroso compito di Vescovo di Vicenza. Certo la sua non è una partenza definitiva da questo mondo. Non Gli mancheranno anche in futuro legami di comunione e di fraternità con noi. E tuttavia, se siamo risorti con Cristo, come dice Paolo ai Colossesi, dobbiamo abituarci a vivere ogni avvenimento della nostra vita terrena come un segno che manifesta efficacemente la vita definitiva, l’eternità. In questo senso la partenza di Don Beniamino riceve dalla fede la sua vera luce.
Perché vive il cristiano? Perché un uomo aderisce alla chiamata al sacerdozio ministeriale e vi spende la sua esistenza? Perché ha incontrato e fa esperienza di Gesù Risorto che si rivela, col passare degli anni, il vero centro affettivo della sua vita. Gesù Risorto è la luce che dà colore ad ogni cosa e spazza via, passo dopo passo, ogni lato ombroso della nostra esistenza. Gesù Risorto dà un senso alle gioie e ai dolori di cui ogni vita umana è fatta. Apre un cammino che rende sicuro il passo dell’uomo, nonostante le sue fragilità e contraddizioni, perché gli offre un significato e una direzione carichi di certezza.
La partenza del carissimo Don Beniamino diventa così per me, ma sono certo per tutti i fedeli e gli abitanti del Patriarcato, un motivo di grande gioia. E lo è anche per lui. E questo non per mondane ragioni di carriera, ma in forza del dono che questa scelta del Santo Padre rappresenta. È un sacrificio per Sua Eccellenza partire. E lo è per noi lasciarlo andare. E tuttavia questo sacrificio è condizione feconda per comprendere in pienezza il dono che la Chiesa di Venezia ha ricevuto con questa nomina.
Sempre il dono domanda sacrificio perché ad esso si lega un compito. Aumenta pertanto la nostra responsabilità. In cosa consiste? Benedetto XVI ce lo ha detto a chiare lettere qui in questa Basilica: «Amata Chiesa che sei in Venezia! Imita l’esempio di Zaccheo e vai oltre». Nell’Omelia al parco di San Giuliano aveva già anticipato la risposta con l’invito: «Siate santi». Come si diventa santi? Affrontando con umile obbedienza al disegno di Dio il quotidiano in tutta la sua concretezza. La realtà, mano di Dio nella storia, diventa il tal modo il grande fattore educativo della nostra esistenza perché costituisce un permanente invito alla nostra libertà.
Questo invito ha sempre una componente di rischio. Infatti inesorabilmente il futuro ci sfugge e la realtà che ci chiede ospitalità ci costringe ad uscire da noi stessi verso gli altri. Ciò domanda un’attitudine permanente di confessione e di conversione. Se viviamo il passo chiesto alla Chiesa di Venezia e a quella di Vicenza, a tutti noi e a Don Beniamino compiendolo a questo livello di profondità che la fede ci consente, ne avremo sicuro beneficio. A ben vedere è un passo di amore. Di commozione certo, ma non di pura reazione emotiva, ma di vero amore, quello che comprende e testimonia che ama solo chi possiede nel distacco.
Con questo spirito rivolgo a te, Don Beniamino, a nome di tutti i fedeli, un intenso augurio. Spendere la propria vita per il bene della Chiesa è il grande dono che il Risorto non cessa di farci. Nello stesso tempo, è il modo più puro di amare i nostri fratelli uomini. Ed è, oltre tutto, la strada sicura della nostra realizzazione piena, cioè della nostra santità.
Buon cammino, carissimo!
da angeloscola.it
38 commenti:
... oooh ... ma ma sorge spontanea una domanda ...
Che domanda?
...qualcun ga visto a Jole, poareta, in meso a tanta zente a sarà strania...
Bellissima pianeta!!!
Ma Scola resta o no? Ditelo, è arrivato il momento, forse quello delle decisioni irrevocabili.
Non dovrebbe essere in noi più spazio per alcuna irrisolutezza, per cui parlate, o voi che sapete, e non negate di sapere, perché io ho perso il sonno per questo.
Bella la pianeta, alquanto discutibile la mitria.
Chissà se Pizziol, Scola e il clero veneziano avranno letto la mia lettera pubblicata con notevole risalto su Gente Veneta di questa settimana circa la grande importanza dell'uso del latino anche nella Messa "nuova" e sugli sforzi immani che il Papa sta compiendo con le sue esemplari celebrazioni per far capire a tutti i pastori la necessità della riforma del Novus Ordo (la cosiddetta "riforma della riforma"). Mah!
Certo che la tunicella pontificale...
e le vimpe bianche!
Scola resta dov'è perchè altrove non lo vuole nessuno... la mitra è amatissima da Pissy che per l'ingresso a Vicenza nulla avrà di nuovo... e tutti i pastori attendono solo una cosa, che si cambi aria! Certo che la DALMATICA, DAL-MA-TI-CA pontificale... e le vimpe bianche vanno benissimo; cos'è 'sta cafonata moderna di cambiar colore alle vimpe, mica sono un paramento liturgico che debba seguire il colore!
Un po' di ammoniaca per Pietro, deve sciacquarsi la bocca!
Insomma, mi state dando un grosso dispiacere, anche l'amministratore che si mette a censurare, adesso... va a finire che faccio qualche gesto sconsiderato.
Vi prego di argomentare, perché a parte gli scherzi, vorrei davvero conoscere l'opinione di chi è più addentro le cose liturgiche. E non venite a dirmi che non sapete perché non ci credo.
Leggete, leggete!
Ma cosa dobbiamo leggere? E dove?
Cosa ne sa il Betracomio? Ha gusti liturgici così bassi? Le vimpe tradizionalmente son del color liturgico. Si vedano le apostoliche litugie. in quanto alla DAL-MA-TI-CA non è la fin del mondo chiamarla TU-NI-CE-L-L-A.
Pissy ha buon gusto per le pianete e non per le mitrie.
Scola secondo me è il nuovo rampollo di Papa R.
Chi cerca, trova!
Ma quello nelle foto è il famoso cerioniere che concelebra in cotta e stola?
Sì è lui.
Alla Redazione dico: "ho letto"
Non mi sento molto bene, vi dispiace se continuiamo la discussione dall'altra parte? "Tutti pazzi per..."
Sì, è quello che magicamente, come un fulmine si fa comparire una stola sulle spalle e consacra col Patriarca... robe da circo.
La TUNICELLA è la veste del SUDDIACONO, la DALMATICA è la veste del DIACONO. Le vimpe MAI hanno seguito il colore liturgico e chi non lo sa è un ignorante, sia pure nelle Apostoliche Liturgie... STUDIARE UN POCO NON FA POI MALE!
... e Pissy no ga buon gusto per gnente, ne mitre ne pianete, semplicemente mette su quel che i ghe da, basta che sia gratis et amore Dei!
Betracomio ha cattivo gusto liturgico. Quanto costerà un metro di seta per far vimpe del color liturgico? Le apostoliche cerimie sono il limpido e monumentale esempio del bello liturgico.
Le Apostoliche Liturgie sono un coacervo di errori e di brutture da far paura, e per le vimpe non è problema di soldini... è che proprio non vanno del colore liturgico.
Ho sempre detto che la basilica è un circo....altro che ai tempi di Urbani. E di certo ai quei tempi la Marciana non cantava Frisina.
Sempre fossiisai so ste tradission vece... se e xe pì bee col coeor liturgico, assaghe el coeor liturgico. No e sarà un paramento, ma è ga a so vaeor. In fin dei conti e jera tante e robe fin al domiee e sete che no ghea un coeor sensà so e APOSTOLICHE LITURGIE. El beo xe fioo dea virtù.
... apunto, e no vedo virtù che tegna dae parti dee APOSTOLICHE LITURGIE.
Sapete se nelle sardee in saor ci vanno i pinoli? Si avvicina la festa del Redentore e devo inizare a prepararmi
Anch'io voglio!
MAI VISTA MITRIA PI' BRUTA.
Sempre meglio di quella terribile rossa usata alle palme o san Marco..non ricordo.
Come bruta! ma se se el mejo de Pietrobon! E anca quea rossa gambaro dee palme a se del genio de Treviso.
Ma basta eliminarme i me apeli disperati par a Jole... anquò se anca el so genetliaco e no posso gnanca farghe i auguri... Joleee, Joleee... dove situ amore, torna casa, basta andar par cese!
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