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Il ponsò del Patriarca

L'ingresso del Patriarca Scola a San Marco: la sua veste è di identico colore a quella del Cardinal Cé

Un Patriarca non cardinale a Venezia. La tradizione lo vuole vestito di rosso o in una delle immediate varianti dalle caratteristiche diciture (ponsò, porpora, rubino, carminio, cremisi,...). La novità, d'altronde potrebbe pretendere anche che il neo Patriarca, non essendo ancora cardinale, debba vestirsi come tutti gli altri vescovi. Qualcuno infatti ritiene che il Concilio abbia abolito o quantomeno rivisto tutti i privilegi concessi dai papi alla prestigiosa sede lagunare nel corso dei secoli.  

Per capirne di più occorre leggere l’Istruzione della Segreteria di Stato “Ut sive sollicite”, circa le vesti, i titoli e le insegne di Cardinali, Vescovi e Prelati minori, firmata dal cardinale Amleto Giovanni Cicognani il 31 marzo 1969, ed entrata in vigore la Domenica in albis dello stesso anno. Si tratta di un documento importante e studiato attentamente, prima della ratifica ufficiale di Papa Paolo VI, avvenuta quattro anni dopo la chiusura del Concilio Vaticano II. Un documento quindi molto recente e attuale. 
Tra gli “additamenta” finali, il paragrafo 31 riporta: “Patriarchae Latini Ritus, Romana Purpura non decorati, vestes induant, quibus ceteri Episcopi utuntur” (trad. I Patriarchi di Rito Latino, non decorati con la porpora, indossano le vesti che usano gli altri vescovi). A prima vista si potrebbe quindi dedurre che il Patriarca di Venezia, qualora non sia membro del Collegio dei Cardinali, debba indossare le vesti di color paonazzo romano, esattamente come tutti gli altri vescovi. Ma non è così. Infatti, leggendo testualmente, l’Istruzione non dice “che non sono membri del Sacro Collegio”, ma solamente “che non hanno il privilegio della porpora”Ma quanti sono al giorno d’oggi i Patriarchi di Rito Latino e chi tra questi gode di particolari privilegi? Sono cinque: Roma (il Sommo Pontefice, almeno fino a Giovanni Paolo II), Venezia, Lisbona, Gerusalemme e Indie Orientali (sede patriarcale titolare assegnata ad honorem all’arcivescovo di Goa e Damão in India). Ci sarebbe anche un sesto Patriarcato di Rito Latino, quello delle Indie Occidentali, ma è vacante dal 1963. 
Il Patriarca di Venezia, da tempi immemorabili, ha il privilegio di indossare gli abiti cardinalizi, anche per quanto riguarda la cappa magna. Nel 1717 Papa Clemente XI volle concedere anche al Patriarca di Lisbona (Portogallo) gli stessi privilegi veneziani. A questo punto occorre specificare che nel testo della Ut sive sollicite viene sempre usato il termine “Cardinali”. L’espressione “Romana Purpura non decorati”, riferita ai soli Patriarchi di Rito Latino, non è quindi una svista o una perifrasi, ma vuole significare proprio che la porpora cardinalizia è tuttora concessa anche ad alcuni presuli non cardinali, nello specifico i Patriarchi di Venezia e di Lisbona. Tale privilegio non è invece concesso né al Patriarca di Gerusalemme, né al Patriarca delle Indie Orientali, né ad altri arcivescovi. L’Istruzione non fa inoltre alcun riferimento al cosiddetto rosso patriarchino indossato dagli arcivescovi di Udine a memoria dell’antico Patriarcato di Aquileia, soppresso nel 1751 da Papa Benedetto XIV. Il rosso patriarchino, che non appartiene alla tradizione veneziana, è un rosso carminio, una tonalità cioè intermedia tra il rosso porpora cardinalizio ed il violaceo paonazzo romano proprio dei vescovi. L’Istruzione Ut sive sollicite non fa alcun cenno a questo privilegio udinese, né ad altri privilegi che vanno quindi considerati decaduti dal 13 aprile 1969. Il privilegio del rosso cardinalizio per il Patriarca di Venezia è confermato anche dalla documentazione fotografica a colori relativa ad Albino Luciani, Marco Cè ed Angelo Scola. Di particolare importanza risulta quella di mons. Luciani, che fu nominato Patriarca di Venezia il 15 dicembre 1969, quindi otto mesi dopo l’entrata in vigore della Ut sive sollicite. Mons. Luciani, creato cardinale solamente nel 1973, indossò sempre gli abiti cardinalizi, anche in occasione della visita di Papa Paolo VI a Venezia il 16 settembre 1972, quindi anche in presenza dello stesso pontefice ad aver ratificato le norme tuttora vigenti. Il privilegio del rosso cardinalizio tuttavia non si applica in araldica. Lo stemma patriarcale prevede infatti il cappello con cordoni e nappe di colore verde. La differenza rispetto ad un arcivescovo si basa sul numero delle nappe, che nel caso del patriarca sono ben 30, disposte 15 per parte, quindi esattamente come quelle di un cardinale, ma di diverso colore. Quindi da che cosa si distingue l’abito del Patriarca di Venezia da quello di un cardinale? Dalla berretta. La berretta del Patriarca è infatti di color rosso cardinalizio ma con fiocco rosso, di cui è invece priva quella dei cardinali. Può sembrare una distinzione di poco conto ma in realtà è molto importante. La berretta cardinalizia, senza fiocco, viene infatti imposta dal Pontefice in persona durante il concistoro, nel momento stesso in cui avviene la creazione cardinalizia. Mons. Angelo Scola, probabilmente mal consigliato, nel 2002 accelerò un po’ i tempi, indossando direttamente la berretta cardinalizia. Cosa che, giustamente, non fecero i suoi predecessori.  
E Mons. Moraglia? Si vedrà. 


Il Patriarca Cé: vestito di porpora, porta la tradizionale berretta "fioccata" propria dei Patriarchi non cardinali.

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Un attento utente ci rammenta però, contrariamente a quanto abbiamo sopra scritto, che il rosso patriarchino è padre delle porpore in uso a Venezia e Udine e che in alcun modo si può ritenere abolito. Per completezza, facciamo nostro il suo intervento:

Il rosso del patriarca di Venezia non ha nulla a che fare con la porpora cardinalizia. Si tratta esattamente, invece, del rosso patriarchino, strettamente connesso a quello dei patriarchi di Aquileia prima e di Grado poi. Questo traspare chiaramente dalla bolla di Nicolò V Regis Aeterni dell'8 ottobre 1451. In essa si dice espressamente che il nuovo (all'epoca) patriarca di Venezia si trascinava dietro tutte "le insegne, dignità, preminenze, privilegi, diritti e onori concessi sia alla sede gradense che ai patriarchi".
Si tratta dunque di un rosso in comune tra patriarca di Venezia e arcivescovo di Udine: entrambi risalgono, per vie diverse, ad Aquileia.
Quanto poi all'istruzione della Segretaria di Stato del 1969, questa non si applica né al patriarca di Venezia nè all'arcivescovo di Udine, come erroneamente adombrato.
Infatti, per il Codex del 1983 (in ciò sostanzialmente identico a quello del 1917), lex posterior generalis non derogat priori speciali (can. 20); inoltre i privilegi si considerano perpetui, fino a prova contraria (can. 78, § 1); infine, se vogliamo metterla sul piano delle consuetudini, "se non se ne fa espressa menzione, la legge non revoca le consuetudini centenarie o immemorabili, né la legge universale revoca le consuetudini particolari" (can. 28).
 

16 commenti:

Sasha ha detto...

Voglio il copyright dell'interpretazione del Romana Purpura nella Ut sive sollicite! :-)

Anonimo ha detto...

la medesima cosa avviene per l'arcivescovo di Vercelli...

Anonimo ha detto...

Il privilegio dell'arcivescovo di Vercelli e i privilegi simili di altri arcivescovi e primati nel mondo sono tutti decaduti il 13 aprile 1969. Gli unici privilegi ancora in vigore (e quindi non abusivi) sono quelli relativi alla porpora cardinalizia concessa ai Patriarchi di Rito Latino non cardinali.

Anonimo ha detto...

le distinzioni servono, ma basta con questi cavilli e il ricercare cose passate che ora non hanno più senso. Una bella pianeta antica non la butto ma, se l'avessi, come fa il papa, per non spendere altri soldi a fare casule nuove, la userei, ma spendere denaro per cappe, ermellini ed altro, e una controtestimonianza per la gente del nostro tempo. I semmplici monsignori non vescovi forse la fascia di un verde scuro, tanto per dire al speranza di diventare vescovi, potrebbe andar meglio e vestiti tutti di nero; anche i canonici di nero con, non so come si chiama ma è usato in modo particolare nel mondo germanico (vedi Bolzano)una stricscia di tessuto con piccola croce. Mi piacerebbe di più, per me da prete, avere la croce pettorale sopra la talare nera con fascia nera, come i pope ortodossi e i vescovi di conseguenza come i vescovi ortodossi. Ma beretta con ciuffo o senza mi fa proprio ridere. Semplicità nella solennità per il ruolo importante di "messaggeri di Dio" e non di noi e poi povertà in tutte le cose, altrimenti con tutti gli scandali che stanno uscendo e gl atacchi che ci fanno andiamo a fondo.

federico tedeschini ha detto...

Qui si stanno propalando informazioni non corrette.
Il rosso del patriarca di Venezia non ha nulla a che fare con la porpora cardinalizia. Si tratta esattamente, invece, del rosso patriarchino, strettamente connesso a quello dei patriarchi di Aquileia prima e di Grado poi. Questo traspare chiaramente dalla bolla di Nicolò V [I]Regis Aeterni[/I] dell'8 ottobre 1451. In essa si dice espressamente che il nuovo (all'epoca) patriarca di Venezia si trascinava dietro tutte "le insegne, dignità, preminenze, privilegi, diritti e onori concessi sia alla sede gradense che ai patriarchi".
Si tratta dunque di un rosso in comune tra patriarca di Venezia e arcivescovo di Udine: entrambi risalgono, per vie diverse, ad Aquileia.

Quanto poi all'istruzione della Segretaria di Stato del 1969, questa non si applica né al patriarca di Venezia nè all'arcivescovo di Udine, come erroneamente adombrato.
Infatti, per il Codex del 1983 (in ciò sostanzialmente identico a quello del 1917), [I]lex posterior generalis non derogat priori speciali[/I] (can. 20); inoltre i privilegi si considerano perpetui, fino a prova contraria (can. 78, § 1); infine, se vogliamo metterla sul piano delle consuetudini, "se non se ne fa espressa menzione, la legge non revoca le consuetudini centenarie o immemorabili, né la legge universale revoca le consuetudini particolari" (can. 28).
E in proposito ricordo che tutto il clero di san Marco ha il diritto immemorabile di portare i berretti senza fiocco.

Redazione Sacris Solemniis ha detto...

Grazie a Federico Tedeschini. Aggiungeremo le informazioni al post.

Anonimo ha detto...

Bertone a Vercelli vestì di rosso (non chiedetemi quale di preciso :), e pure l'Arcivescovo di Salisburgo ("Primas Germaniae") fa lo stesso.

Anonimo ha detto...

"E Mons. Moraglia? Si vedrà."

Mi piace immaginarlo già a confabulare al telefono da La Spezia con il suo illustre concittadino a Roma, Don Guido.. ;)

Anonimo ha detto...

Avete ragione, il rosso d'Udine e Venezia hanno origini aquileiesi, ma il rosso di Venezia è diventato cardinalizio da quando Verona e Padova divennero sedi cardinalizie, sul finire del '400.

Anonimo ha detto...

Non sono un esperto e non mi sento di controbattere all’attento utente Federico Tedeschini, però trovo abbastanza improprio mettere sullo stesso piano i privilegi del Patriarca di Grado con quelli del Patriarca di Aquileia. Erano sicuramente privilegi diversi, quindi credo siano diversi anche per quel che riguarda il colore delle vesti.
Non a caso sia mons. Luciani, sia mons. Cè, sia mons. Scola non hanno mai indossato il rosso “patriarchino” udinese, ma sempre direttamente la porpora cardinalizia.

Non sono poi d’accordo con la sua interpretazione basata sul Codice di Diritto Canonico: con questa chiave di lettura la Ut sive sollicite non si applica più a nessuno perché ognuno mantiene il proprio privilegio particolare. No, non è così. La Ut sive sollicite fu scritta e promulgata proprio per fare ordine e chiarezza tra un marasma di mini e maxi privilegi che, stratificandosi nel corso degli anni, avevano creato un'enorme confusione in tema di vesti e insegne del clero. L'introduzione dell'Istruzione è chiarissima su motivazioni e scopo. Se invece applichiamo la sua chiave di lettura, questa Istruzione diventa immediatamente carta straccia e implicitamente si finisce per privare qualsiasi Pontefice del diritto sacrosanto di modificare le norme in vigore. Questa posizione è diametralmente opposta ma altrettanto dannosa di quanti sostengono che il Concilio ha abolito qualsiasi cosa.

Inoltre mi permetto di ricordare che la lettera circolare della Sacra Congregazione per il Clero Per Instructionem, promulgata dal Cardinale John Joseph Wright il 30 ottobre 1970, dice chiaramente: “Omnia privilegia, etiam centenaria et ab immemorabili, praesentibus Litteris abolentur iuxta statuta, quae in Litteris Apostolicis «Pontificalia insignia» die 21 mensis Iunii anno 1968, motu proprio datis et in Instructione «Ut sive sollicite» die 31 mensis Martii anno 1969 edita, continentur”.

Per quanto riguarda il diritto del clero di San Marco di portare la berretta senza fiocco, non mi risulta esista qualche documentazione fotografica o iconografica a sostegno di questa affermazione. La berretta senza fiocco nel rito latino è propria degli ammessi al seminario e non riesco a capire come un sacerdote o un monsignore possa sentirsi privilegiato ad indossare una berretta di grado inferiore.
Grazie per l'attenzione.

Anonimo ha detto...

Anche l'attuale vescovo di vercelli Masserone veste di rosso :-)

Anonimo ha detto...

A proposito di berrette, mi consta che gesuiti, redentoristi e filippini portano berrette senza pon-pon.
Consiglio inoltre di suggerire a mons. Moraglia di imparare le melodie patriarchine.
Sarebbe molto bello al suo ingresso ascoltare i sublimi toni patriarchini.

federico tedeschini ha detto...

Confermo punto per punto quanto detto, anche se non so se sia stato capito esattamente.

Quanto al berretto del clero di San Marco, basti vedere qualche foto di monsignor Antonio Niero http://www.bibliotechedimira.it/RIVE/RIVE%2008/niero.pdf

Anonimo ha detto...

No, non ho capito cosa vuole affermare il Tedeschini. Sono anch'io sicuro di quanto detto, circa il rosso cardinalizio, la Ut Sive Sollicite etc... Federico Tedeschini deve portare le fonti.

Francesco G. Tolloi ha detto...

Vediamo una fonte autorevole: Ioachim Nabuco, Ius Pontificalium, Tornaci, Desclée 1956, p. 116 il patriarca di Venezia e quello di Lisbona portano la porpora prima della loro creazione a cardinali per privilegio di Clemente XI, detto privilegio esclude il galero e secondo l'autore "stricto iure" anche berretta e zucchetto. Sempre lo stesso autore (p.40) dice che il patriarca non gode dei un tempo amplissimi privilegi del patriarca di Aquileia. Il patriarca di Venezia era prima patriarca di Grado che a sua volta è lo sdoppiamento di Aquileia divisa nel 1751 tra Udine e Gorizia.

Anonimo ha detto...

Leggo solo adesso i post sul rosso dei p<triarchi.
Guardando le immagini del patriarca Moraglia a Roma, ho notato che lui veste di paonazzo mentre l?arcivescovo di Udine veste di rosso.
Bisogna far notare che se veste di rosso a Venezia puà vestire di rosso anche a roma.

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