Uno sguardo veneto sulla Liturgia, musica e arte sacra, le attualità romane e le novità dalle terre della Serenissima.
Sul solco della continuità alla luce della Tradizione.

Il microcosmo coronato

L'altare del Santissimo Sacramento nella Cattedrale di Padova



Il baldacchino ligneo che, in alcune chiese (specialmente dell'età della Riforma Cattolica), sovrasta l'altar maggiore o l'altri altari, come quello del Santissimo, nasce verso la fine del XV secolo quale sostituto del ciborio. Si potrebbe pensare che la loro diffusione sia dovuta unicamente ad un mero costume diffuso. In realtà, la costruzione di questi baldacchini rispondeva ad una precisa normativa liturgica (qui e in seguito ci riferiamo, ovviamente, all'ambito della cosiddetta “forma extra-ordinaria del rito romano”, che fu in vigore in gran parte dell'orbe cattolico sino al 1969). Per quanto riguarda questo baldacchino, il Cæremoniale Episcoporum ne prescrive la presenza (1) per l'altar maggiore (2). Qualcuno potrebbe obiettare che la norma vale solo per i vescovi; in realtà, il Cæremoniale Episcoporum si chiama così perché contiene in gran parte prescrizioni che riguardano i successori degli Apostoli, ma le disposizioni ivi contenute obbligano anche i semplici sacerdoti (3). Inoltre, la Sacra Congregatio Rituum provvide a chiarire espressamente che la norma riguardava tutti gli altari (4) di qualunque chiesa. Tuttavia, col tempo queste prescrizioni caddero in desuetudine (5), anche se si ribadì che il baldacchino continuava a rimanere obbligatorio qualora sopra la chiesa vi fossero dei dormitori (si pensi soprattutto alle chiese di ordini e congregazioni religiose) (6). Ma qual'è la ragion d'essere del baldacchino? Perché si decideva di utilizzarlo? Il motivo è soprattutto simbolico: “Un baldacchino forma provvisoriamente o stabilmente un tetto sopra un altare, una statua o il Santissimo Sacramento, per questo rappresenta la protezione simbolica dovuta a ciò che va venerato o adorato. Un ciborium (tabernacolo) o un baldacchino che sormontano un altare hanno la stessa funzione, quella di indicare uno spazio sacro, di delimitare un microcosmo d'eccezione coronato da un cielo simbolico.” (7)   
 
NOTE:  

(1) Tale regola compare già nella prima edizione del Cæremoniale (che fu promulgato da Clemente VIII nel'anno 1600): cfr. ad esempio Cæremoniale episcoporum iussu Clementis VIII pont. max novissime reformatum, Roma, Typographia Medicea, 1600, pp. 56-57. (2) Ecco il testo della norma: “[…] desuper vero in alto appendatur umbraculum, quod baldachinum vocant, formæ quadratæ, cooperiens altare, et ipsius altaris scabellum, coloris cæterorum paramentorum. Quod baldachinum etiam supra statuendum erit, si altare sit a pariete sejunctum ; nec supra habeat aliquod ciborium ex lapide, aut ex marmore confectum. Si autem adsit tale ciborium, non est opus umbraculo, sed ipsum ciborium floribus, frondibusque exornari poterit. ” (cfr. liber I, c. XII, n. 13-14; da Cæremoniale Episcoporum anno MDCCLII cum variationibus anno MDCCCLXXXVI, www.ceremoniaire.net, 2006, pp. 24-25) Traduzione nostra: “Tuttavia sopra l'altare, in alto, venga appeso l'umbraculum (che viene chiamato baldacchino) di forma quadrata, che copra l'altare e la predella dello stesso altare; sia del colore degli altri paramenti. Il quale baldacchino sarà da collocarsi sopra [l'altare e la predella] anche se l'altare fosse staccato dalla parete; ma non se sopra vi fosse un ciborio fatto di pietra o di marmo. Qualora poi vi fosse un tale ciborio, non deve esserci l'umbraculum, ma si può ornare lo stesso ciborio con fiore e fronde.” (3) Cfr. Ludovico Trimeloni, Compendio di liturgia pratica, Milano, Marietti 1820, 2007 (ed. or. 1958), p. 31, ove sono dati anche i riferimenti legislativi in merito. (4) Cfr. Decreto 1966 del 27 aprile 1697, che riproduciamo qui di seguito: “Ianuario Pelusio Archipresbytero Ecclesiæ Cathedralis Civitatis Cotronen. supplicante declarari infrascriptum dubium, videlicet: An in omnibus Altaribus sive Cathedralis, sive aliarum Ecclesiarum, debeat erigi baldachinum, vel in maiori tantum, in quo asservatur Augustissimum Sacramentum. Et S.R.C. respondit: “In omnibus”. Die 27 Aprilis 1697.” (cfr. Decreta authentica Congregationis Sacrorum Rituum, vol. I, Roma, Typographia Polyglotta S.C. de Propaganda Fide, 1898, p. 429) Traduzione nostra: “Gennaro Pelusio, arciprete della chiesa cattedrale della città di Crotone, supplica venga spiegato il seguente dubbio, cioè: Se in tutti gli altari, sia della cattedrale che delle altre chiese, debba essere eretto il baldacchino, oppure solamente per l'altare maggiore nel quale viene custodito l'Augustissimo Sacramento. E la Sacra Congregazione dei Riti risponde: “In tutti”. 27 aprile 1697.” Tale decisione venne ribadita a metà del XIX secolo: cfr. Decreto 2912 del 23 maggio 1846 (cfr. Decreta authentica Congregationis Sacrorum Rituum, vol. II, Roma, Typographia Polyglotta S.C. de Propaganda Fide, 1898, p. 335). Qui non lo riproduciamo in quanto il testo si limita sostanzialmente a rimandare al decreto del 1697. (5) “Hæc autem duo Decreta [1966 e 2912] ubique, etiam Romæ, in desuetudinem abierunt” (cfr. Index Generalis rerum occurentium in decretis Sacr. Rituum Congregationis, vol. V, Roma, Typographia Polyglotta S.C. de Propaganda Fide, 1901, p. 35). Traduzione nostra: “Tuttavia questi due decreti andarono ovunque in desuetudine, anche a Roma.” (6) Cfr. il Decreto 3525, comma 2, del 23 novembre 1880. Si chiedeva il permesso di conservare la Santissima Eucarestia in una chiesa sottostante un dormitorio delle Canossiane; al che la SRC diede parere favorevole, con la condizione che “Altari imponatur ampla Umbella, vulgo Baldacchino” (si imponga all'altare un'ampia “umbrella”, volgarmente chiamata “baldacchino”). (7) Cfr. Michel Feuillet, Lessico dei Simboli Cristiani, Roma, Edizioni Arkeios, 2007, p. 17. Bibliografia generale: Mario Righetti, Storia liturgica, vol. I, Milano, Ancora, 2005 (ed. or. 1964), p. 528; Ludovico Trimeloni, Compendio di liturgia pratica, Milano, Marietti 1820, 2007 (ed. or. 1958), p. 259.

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma è a Padova quella meraviglia di altare?

Stenico ha detto...

Complimenti per il buon gusto! In effetti è il capolavoro del Massari: uso dei volumi perfetto. Si noti come le dimensioni del tabernacolo corrispondano con il peso orizzontale della mensa e delle mensole. Peccato spunti un pezzo dell'orrore mattiazziano-vangiano. Vi immaginate una messa solenne a questo altar?

lettore miranese ha detto...

Certamente molto bello, ma, come affermato da qualcuno nel precedente post, neppure lontanamente paragonabile allo splendore del maestoso altare maggiore che decora il presbiterio del Duomo di S. Michele Arcangelo a Mirano, opera di Antonio Fioretti e Giuseppe Torretto del 1718.
Un ciborio barocco come quello miranese non lo troverete in nessun altro luogo!

Stenico ha detto...

Lettore miranese vada a conoscere il mondo e acquisti un libro sulla storia dell'architettura, magari con un sunto efficace sulle dimensioni auree. Qui si parla di un progetto di Massari, non di collaborazioni. L'opera padovana in bronzo e marmo carrarese è perfetta. Come è perfetta l'architettura dei Gesuati, ma si parla d'altro. E scrivo da Rovereto! Ma i veneti sono famosi per non apprezzare le cose che hanno in casa...

Pasquino Veneziano ha detto...

O Massari dolce fiore
il Santissimo incoroni
con l'affetto di gran cuore
Pange lingua qui s'intoni

Questo luogo tu c'hai dato
per pregare a tutte l'ore
obliando il triste scempio
fatto al grande Altar maggiore

Anonimo ha detto...

QUELLI CHE NON APPREZZANO SONO SOPRATTUTTO PRETI. 70-80%

In seminario non si perde tempo con la storia dell'arte e della musica... meglio fare un corso intensivo di contabilità !!!!!!

Anonimo ha detto...

Il baldacchino della mia chiesa è ora nel parcheggiato tra tagliaerbe e zappe nel garage del parroco!

Lettore miranese ha detto...

Gentile esperto di Rovereto, non voglio minimamente minimizzare l'opera padovana del maestro Massari, dico soltanto che il pregio, la bellezza, la maestosità e l'elaborata ricercatezza fin nei minimi particolari che caratterizzano il presbiterio del Duomo di Mirano (compreso il baldacchino in legno dorato che sovrasta il ciborio e gli affreschi settecenteschi di Costantino Cedini che decorano la cupola, i pennacchi, l'abside e le pareti laterali), difficilmente potrà trovarli nei dintorni. Le ricordo, inoltre, che il Torretto è stato maestro di Antonio Canova. Quanto a Cedini, certamente non si può definire un maestro, dal momento che è stato uno degli ultimi allievi dei Tiepolo, ma la preziosità di questo complesso monumentale sta soprattutto nel ciborio, nella mensa d'altare e nei due angeli laterali (peraltro diversissimi l'uno dall'altr) non certo negli affreschi, pregevoli ma non capolavori. Se ha occasione di passare per Venezia o Padova, le consiglio di visitare anche il Duomo di Mirano.

Stenico ha detto...

Ho cercato, ho trovato. Opera splendida ma Lei deve sicuramente riconfigurare i suoi canoni di giudizio e paragone.

Come diciamo noi a Rovereto: nuvole a lana: se no piove ancoi piove for per la setimana.

Anonimo ha detto...

Il nostro bel baldacchino è finito....nella stufa del SACRESTANOO .....non vi racconto storie!!! Quando arrivò il nostro attuale prevosto ( 11 anni fà) chiese del baldacchino ma purtroppo quello era passato attraverso il grande fuoco !!! ricordo era meraviglioso ,sotto aveva un drappo di velluto rosso che era una meraviglia...il raggio in fili d'oro...sopra alcune statue adornavano la parte superiore. Oggi manca un pezzo della nostra storia sacra che fù la fede dei miei avi...Peccato, per fortuna alla " TRINITA' " bella chiesa della frazione vi è ancora collocato il grande baldacchino...è molto bello !!

d. Vittorio ha detto...

Titolo azzecatissimo, complimenti alla redazione per i bei post. Continui così!

Anonimo ha detto...

Sono stato in visita a Padova con la famiglia in occasione delle festività per sant'Antonio. Dopo un giro alla chiesa del Santo, siamo stati nella chiesona di Santa Giustina per finire nel duomo: l'impressione che mi ha trasmesso l'edificio sacro è che ha vissuto un periodo di splendore (l'architettura di Michelangelo si percepisce chiaramente) mentre ora sembra in mano ad un gruppo di pazzi pauperistici. Sono rimasto scandalizzato dagli altari spogli di tovaglie e candelieri (anche quello in cui c'è il corpo di San Gregorio), gli inserimenti discutibili a partire dal blocco di marmo che hanno messo in mezzo alla chiesa per non si sa bene cosa. Orribile anche l'organo-scatola da scarpe vicino alla porta di una sacrestia.

Grazie

Matteo

Anonimo ha detto...

Grazie al Cielo si tratta di modifiche reversibili. Quando in Europa torneranno ad operare i vescovi ed i preti missionari, queste sovrastrutture verranno demolite.

Tuttavia non me la prenderei con l'incultura, ma con il mancato funzionamento dei controlli.
Fossimo stati ai tempi del Lombardo-Veneto, cose del genere non sarebbero accadute. Quando il patriarca Pyrker si mise in testa di demolire l'iconostatsi di San Marco (!), partì da Vienna un cavallo per fermare immediatamente tutto.

Per fortuna la Cappella degli Scrivegni è amministrata completamente da laici.

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