Una curia decisamente "romana", ma gli italiani alla Congregazione per i Vescovi perdono il monopolio.
di *** (per http://chiesa.espresso.repubblica.it)
Con Benedetto XVI la curia romana starebbe tornando ad essere "troppo" italiana? Il grido d’allarme è stato lanciato dal settimanale inglese progressista "The Tablet" e ripreso qua e là.
Lo storico della Chiesa Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio anch'essa con fama progressista, ha difeso una simile evoluzione. Ha più volte spiegato che la Santa Sede non può uniformarsi ad una qualsiasi grande organizzazione internazionale: "La curia non può divenire una specie di ONU, perché fa parte della Chiesa romana e deve intrattenere con quest'ultima un legame ecclesiale, umano e culturale particolare".
Con papa Joseph Ratzinger c'è comunque una congregazione vaticana – e tra le più importanti e delicate – che oggi risulta totalmente de-italianizzata nella sua leadership, rispetto all'organigramma lasciato da Giovanni Paolo II.
È la congregazione per i vescovi, il dicastero che collabora più da vicino col papa per le nomine di gran parte dei vescovi della Chiesa cattolica: in pratica della quasi totalità dei vescovi dei paesi del mondo occidentale.
Nel 2005 questa congregazione era guidata da tre ecclesiastici italiani, unico caso tra i dicasteri curiali. Il cardinale Giovanni Battista Re ne era prefetto dal 2000. L’arcivescovo Francesco Monterisi ne era segretario dal 1998. Monsignor Giovanni Maria Rossi ne era sottosegretario dal 1993.
Ma con l'attuale papa, man mano, i tre hanno ceduto il passo a stranieri.
Nel luglio 2009, compiuti i 75 anni, Monterisi è stato nominato arciprete della basilica papale di San Paolo fuori le Mura e poi creato cardinale. Al suo posto è stato chiamato un portoghese, l’arcivescovo Monteiro de Castro, fino a quel momento nunzio apostolico in Spagna.
A fine giugno 2010 il cardinale Re, a 76 anni e mezzo, ha visto accettate dal papa le dimissioni da lui presentate al compimento dei 75. E al suo posto Benedetto XVI ha chiamato il canadese Marc Ouellet. Che a fine 2010 ha ottenuto la nomina a sottosegretario aggiunto (una novità per la congregazione) di un suo connazionale di fiducia, monsignor Serge Poitras.
La scorsa settimana, infine, ha lasciato l’incarico monsignor Rossi, al compimento dei 70 anni che è l’età di pensione per i sottosegretari (a meno di una proroga di due anni che può essere concessa solo con il "placet" del prefetto del dicastero).
Così ora, per trovare nella congregazione per i vescovi l’italiano più alto in grado, bisogna scendere al terzo dei tre capi ufficio, monsignor Fabio Fabene, che è anche sostituto della segreteria del collegio cardinalizio.
Insomma, la curia Romana con Benedetto XVI sarà forse più italiana di prima. Ma la “fabbrica dei vescovi” lo è certamente molto di meno.
Anche perché nei primi giorni di settembre un altro addetto italiano da nove anni in questa congregazione, monsignore Giulio Dellavite – ecclesiastico di fiducia dell'ex prefetto Re – a 39 anni è tornato nella diocesi di origine, Bergamo. Nominato segretario generale della curia di questa diocesi dal vescovo Francesco Beschi, nato nella vicina Brescia, diocesi natale dello stesso cardinale Re.
immagine Corbis
1 commento:
...per quante chiacchiere si possano fare sull'argomento io credo che ogni Pontefice scelga semplicemente gli elementi che più si confanno alla situazione e al proprio Pontificato....
san Pio X aveva come Segretario di Stato Merry del Val...
;-)
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