Uno sguardo veneto sulla Liturgia, musica e arte sacra, le attualità romane e le novità dalle terre della Serenissima.
Sul solco della continuità alla luce della Tradizione.

La cera per l'altare: la Sacra Scrittura


Entriamo in una delle ancor numerose chiese cattoliche che ricoprono, come un candido manto (per riprendere una celebre espressione di Rodolfo il Glabro), la superficie dell'orbe cattolico. C'avviciniamo all'acquasantiera, intingiamo le dita e, inginocchiati verso il tabernacolo del Santissimo Sacramento, ci facciamo devotamente un segno di croce, chiedendo perdono delle nostre colpe. Se non conosciamo l'edificio, cominciamo allora a guardarci attorno, un po' curiosi. Tra le strutture che per prime attirano la nostra attenzione c'è il tabernacolo, c'è l'altare. Nei pressi di entrambi notiamo in genere qualcosa di particolare: le candele. Vicino alla custodia che contiene il Sacratissimo Corpo del Nostro Redentore, infatti, arde continuamente una lampada, per ricordare ai fedeli che là è realmente presente il Re dei Re. Sull'altare, poi, troviamo in genere un paio di candele, che al di fuori delle celebrazioni liturgiche sono spente. Non di rado può accadere di scorgere, sul vecchio altar maggiore, alti e preziosi candelabri raramente utilizzati, mentre quelli presenti sull'altare sono piccolini e, diciamolo pure, anche un pochino miseri.

La mentalità moderna, chiusa nel suo immanentismo e talvolta incapace di guardare al di là di un misero pragmatismo, potrebbe obiettare che le chiese sono piene di luci: a che servono dunque le candele? Rimasugli di Medioevo? Attaccamento romantico sentimentalistico ad usi passati? Può anche essere – ma speriamo non sia così – che simili pensieri si accavallino pure nelle menti dei fedeli e persino dei sacerdoti stessi. Certo, le norme liturgiche sono chiare: le candele sono necessarie, non facoltative. Prima di toccare quest'aspetto, propriamente giuridico, può essere però utile indagare un po' la storia e le funzioni delle candele nella Sacra Liturgia.

Nella Sacra Scrittura troviamo numerosi riferimenti ai candelabri: quello dorato con sette lampade che Dio ordina a Mosè di fabbricare (Es 25, 31-40) e di collocare nella Tenda (Es 26, 35; 40, 4; 40, 24); esso veniva alimentato con puro olio d'oliva e doveva perennemente ardere durante la notte (Es 27, 20; Lv 24, 2-4); doveva poi essere unto con l'olio per l'unzione sacra (Es 30, 27) per consacrarlo. Fu modellato da Bezaleel, (Es 31, 2. 8) assieme ad Ooliab (Es 31, 6. 8) ed altri artisti (Es 35, 10. 14), cui il Signore aveva infuso saggezza (Es 31, 6) affinché eseguissero bene i lavori loro richiesti. Il modello stesso era stato mostrato dal Signore a Mosé (Nm 8, 4); né Mosè mostrò alcuna tirchieria, nonostante il popolo errante nel deserto non dovesse certo traboccare di ricchezze: impiegò infatti per realizzarlo un talento d'oro puro (Es 37, 24), cioè circa 30-35 chili. Durante gli spostamenti, in segno d'onore e di rispetto, esso veniva coperto con un drappo di porpora viola e avvolto in pelli di tasso (Nm 4, 10-11) prima di trasportarlo in portantina.

Nel tempio di Gerusalemme, invece, Salomone fece realizzare dieci candelabri d'oro da porsi nell'aula di fronte al Sancta Sanctorum: cinque sul lato settentrionale e cinque sul lato meridionale (1 Re 7, 49; 2 Cr 4, 7)). L'oro necessario era già stato messo da parte da Davide (1 Cr 28, 15).

Si potrà obiettare che la predicazione di Cristo abbia cancellato tutto questo. Ora, è senz'altro vero che la Chiesa “crede fermamente, conferma e insegna che le prescrizioni legali dell'antico Testamento, cioè della legge mosaica, che si dividono in cerimonie, santi sacrifici e sacramenti proprio perché istituite per significare qualche cosa di futuro, benché fossero adeguate al culto divino in quella età, venuto, però, Nostro Signore Gesù Cristo, da esse significato, sono cessate e sono cominciata i sacramenti della nuova alleanza.” (Concilio di Basilea-Ferrara-Firenze, Sessione XI del febbraio 1442, trad. da qui: http://www.totustuustools.net/concili/basilea.htm) Tuttavia, il significato profondo di quelle cerimonie non viene meno: esse volevano rendere visibile l'amore e l'attenzione che il popolo d'Israele riponeva verso il culto divino. Il fatto che Nostro Signore abbia richiamato, con la Sua predicazione, la necessità e la priorità del culto interno, che proviene dall'anima, non significa che Egli abbia tolto qualsiasi validità agli atti esterni di culto. Scorrendo i Vangeli, niente lascia presagire questo.

1 commento:

Simone Veronese ha detto...

Ormai se ne vedono di ogni... Il mio parroco sta lentamente sostituendo le lampade del Santissimo delle nostre chiese parrocchiali con dei lumini elettrici! Robe dell'altro mondo!
Candele in cera d'api poi... Non parliamone nemmeno! Non se ne vede più da anni!

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