de Vatican Insider
“Mi piacerebbe essere sempre percepito come Vescovo, primo servitore della Chiesa cui sono mandato. E' iniziato un nuovo tratto di strada nella mia vita. Un capitolo nuovo che sento di dover scrivere da veneziano con i veneziani, guardando insieme a loro sempre e solo il Signore Gesù, il risorto, il vivente": inizia così l'intervista esclusiva rilasciata da mons.Francesco Moraglia, Patriarca eletto di Venezia, al settimanale diocesano Gente Veneta che la pubblica sul numero oggi in uscita.
Sulla sua nuova città e Chiesa mons. Moraglia afferma tra l'altro: "Sono stato a Venezia poche volte e per poco tempo, anche se la parlata veneziana da sempre mi affascina, per me è una specie di musica. In questo periodo ho scelto di non farmi idee sulla diocesi. Penso di formarmele, con l'aiuto del Signore, di volta in volta, incontrando le persone e in contatto con le situazioni concrete".
E aggiunge che "per il Vescovo non è possibile operare riduzioni e identificare Venezia con una sola delle sue dimensioni: questa città, veramente unica, non può in alcun modo, prescindere dalla policromia dei suoi colori e dalla polifonia dei suoi suoni, non può prescindere dalla sua prismaticità". "E' mio desiderio - osserva - esser vicino al mondo del lavoro… Il lavoro appartiene all'uomo, alle famiglie e alla comunità civile. Non dovrebbe mai essere motivo di scontro, suscitando, invece, corresponsabilità in vista di una convivenza realmente civile, nella quale il cittadino partecipa dando il meglio di sé".
Ai preti veneziani, parte dei quali ha incontrato ieri nel corso di una visita privata che si è concluso oggi, mons. Moraglia dice di considerarli "i primi e più preziosi collaboratori e spero che presto avvertano il Patriarca come una presenza amica, fraterna, che li conosce e che essi, a loro volta, conoscono. Vorrei che sentissero come fin d'ora li amo nel cuore di Cristo".
Il Patriarca eletto si rivolge, infine, ai giovani: "Non voglio illuderli con vuote parole o proponendo loro sollecitazioni emotive. Desidero dire loro, con forza e grande libertà, che in una cultura e in una società dove tutto pare declinarsi in termini di precariato e precarietà, bisogna ritrovare la forte idealità del Vangelo che coincide con la persona di Gesù Cristo che, nella concretezza e realtà della sua vicenda personale, profondamente umana, dà senso e valore a tutte le dimensioni della nostra umanità".
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