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Sul solco della continuità alla luce della Tradizione.

La gioventù e la "Messa in latino": una testimonianza




Riceviamo e pubblichiamo con grande piacere questa bella testimonianza:
In nomine Patris... Introibo ad altare Dei... Ad Deum qui laetificat...
Ecco, dopo tanta attesa, finalmente, anch'io partecipo per la prima volta in vita mia alla Santa Messa nella forma extra-ordinaria (detta anche "Messa antica" e "Messa Tridentina"). Finora la mia esperienza è stata limitata a spezzoni di filmati, di registrazioni audio, di studio e di lettura dei riti che la compongono. Ora, però, è giunto il momento di passare, per così dire, dalla teoria alla pratica.
Certo, la mia è una situazione particolare. Ho 25 anni e quindi ho conosciuto, finora, esclusivamente Messe nella forma ordinaria. Ma l'approfondimento della mia vita di fede mi ha portato a conoscere e a sentirmi attratto da quella Messa che fu celebrata ovunque, nell'Orbe cattolico, sino agli anni Sessanta. Appassionarsi ad una liturgia cui non si è mai partecipato, specie per chi, come me, conosce non molto bene la lingua latina, potrebbe apparire cosa strana: eppure è stato così e non saprei nemmeno dire il perché. Certo, vi sono motivazioni razionali, ma in fondo si è trattato quasi di un "colpo di fulmine".
Così come non ho voluto e cercato l'avvicinamento alla forma extra-ordinaria, così la prima celebrazione cui ho assistito è nata un po' per caso. Ricordo poco dell'inizio: troppa emozione. Difficile è riuscire ad entrare nel ritmo della lingua latina, specie nel lungo salmo iniziale e nel doppio Confiteor, quello del sacerdote e quello dei fedeli. Mi prende un po' di scoraggiamento: forse, dopo tanta attesa, resterò deluso? Forse questa forma celebrativa non è adatta per me?
Poi però, coll'Aufer a nobis per la prima volta cade il silenzio. Ed è un silenzio che giunge per me a proposito, per cercare di smuovere il mio animo, per cercare di far mio quello che il sacerdote sta recitando in secreto: eppure è un silenzio carico di significato, lungi dall'essere un mero vuoto. Poi il Gloria, la lettura della Parola di Dio, la breve omelia, il Credo. Non troppo dissimile dalla forma ordinaria, qui.
Poi inizia la seconda parte della Messa, quella che ruota attorno al Santo Sacrificio. E qui è veramente il silenzio a farla da padrone ed è per me un momento felice: in questo silenzio mi sento a mio agio, specie in quello del Canone. Quindi la celebrazione va avanti e giunge sino alla Comunione, in ginocchio e sulla lingua. Poi il ringraziamento, gli ultimi riti, la benedizione, l'ultimo Vangelo, le preci leonine. Oramai anche il latino mi suona più familiare e con più naturalezza utilizzo il mio messalino.
Alla fine ringrazio il Signore per avermi concesso di partecipare alla celebrazione, che si è rivelata, nonostante le iniziali titubanze, adatta alla mia sensibilità: ne sono felice. E prova di questo è che dopo la Messa sentivo (e sento tuttora il bisogno) di partecipare ancora a celebrazioni nella forma extra-ordinaria. Questo senza voler rinnegare la forma ordinaria, con la quale sono cresciuto e che ha nutrito la mia vita spirituale sino ad oggi: però la Messa Tridentina è diversa, molto vicina ai miei bisogni spirituali.
Concludo con un ultimo pensiero: talvolta si sente affermare che la forma extra-ordinaria ostacolerebbe una actuosa participatio. Questa mia prima esperienza, a dire il vero, è piuttosto contraria: le frequenti risposte al sacerdote, i momenti di silenzio per l'interiorizzazione e la pietà, i segni di croce... No, proprio non mi è parso di essere un inerte spettatore, ma piuttosto, nel mio piccolo, un partecipante del tutto attivo.

C. A.

 Immagine da venezia.fssp.it

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