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Sul solco della continuità alla luce della Tradizione.

Il Papa a Venezia: la Messa a San Giuliano




 

OMELIA DEL SANTO PADRE
Cari fratelli e sorelle!

Sono molto lieto di essere oggi in mezzo a voi e celebrare con voi e per voi questa solenne Eucaristia. È significativo che il luogo prescelto per questa Liturgia sia il Parco di San Giuliano: uno spazio dove abitualmente non si celebrano riti religiosi, ma manifestazioni culturali e musicali. Oggi, questo spazio ospita Gesù risorto, realmente presente nella sua Parola, nell’assemblea del Popolo di Dio con i suoi Pastori e, in modo eminente, nel sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. A voi, venerati Fratelli Vescovi, con i Presbiteri e i Diaconi, a voi religiosi, religiose e laici rivolgo il mio più cordiale saluto, con un pensiero speciale per gli ammalati e gli infermi qui presenti, accompagnati dall’UNITALSI. Grazie per la vostra calorosa accoglienza! Saluto con affetto il Patriarca, Cardinale Angelo Scola, che ringrazio per le toccanti parole che mi ha indirizzato all’inizio della santa Messa. Rivolgo un deferente pensiero al Sindaco, al Ministro per i Beni e le Attività Culturali in rappresentanza del Governo, al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali ed alle Autorità civili e militari, che con la loro presenza hanno voluto onorare questo nostro incontro. Un ringraziamento sentito a quanti hanno generosamente offerto la loro collaborazione per la preparazione e lo svolgimento di questa mia Visita Pastorale. Grazie di cuore!

Il Vangelo della Terza Domenica di Pasqua - ora ascoltato - presenta l’episodio dei discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35), un racconto che non finisce mai di stupirci e di commuoverci. Questo episodio mostra le conseguenze che Gesù risorto opera nei due discepoli: conversione dalla disperazione alla speranza; conversione dalla tristezza alla gioia; e anche conversione alla vita comunitaria. Talvolta, quando si parla di conversione, si pensa unicamente al suo aspetto faticoso, di distacco e di rinuncia. Invece, la conversione cristiana è anche e soprattutto fonte di gioia, di speranza e di amore. Essa è sempre opera di Cristo risorto, Signore della vita, che ci ha ottenuto questa grazia per mezzo della sua passione e ce la comunica in forza della sua risurrezione.

Cari fratelli e sorelle! Sono venuto tra voi come Vescovo di Roma e continuatore del ministero di Pietro, per confermarvi nella fedeltà al Vangelo e nella comunione. Sono venuto per condividere con i Vescovi e i Presbiteri l’ansia dell’annuncio missionario, che tutti ci deve coinvolgere in un serio e ben coordinato servizio alla causa del Regno di Dio. Voi, oggi qui presenti, rappresentate le Comunità ecclesiali nate dalla Chiesa madre di Aquileia. Come in passato, quando quelle Chiese si distinsero per il fervore apostolico e il dinamismo pastorale, così anche oggi occorre promuovere e difendere con coraggio la verità e l’unità della fede. Occorre rendere conto della speranza cristiana all’uomo moderno, sopraffatto non di rado da vaste ed inquietanti problematiche che pongono in crisi i fondamenti stessi del suo essere e del suo agire.

Voi vivete in un contesto nel quale il Cristianesimo si presenta come la fede che ha accompagnato, nei secoli, il cammino di tanti popoli, anche attraverso persecuzioni e prove molto dure. Di questa fede sono eloquente espressione le molteplici testimonianze disseminate ovunque: le chiese, le opere d’arte, gli ospedali, le biblioteche, le scuole; l’ambiente stesso delle vostre città, come pure delle campagne e delle montagne, tutte costellate di riferimenti a Cristo. Eppure, oggi questo essere di Cristo rischia di svuotarsi della sua verità e dei suoi contenuti più profondi; rischia di diventare un orizzonte che solo superficialmente - e negli aspetti piuttosto sociali e culturali -, abbraccia la vita; rischia di ridursi ad un cristianesimo nel quale l’esperienza di fede in Gesù crocifisso e risorto non illumina il cammino dell’esistenza, come abbiamo ascoltato nel Vangelo odierno a proposito dei due discepoli di Emmaus, i quali, dopo la crocifissione di Gesù, facevano ritorno a casa immersi nel dubbio, nella tristezza e nella delusione. Tale atteggiamento tende, purtroppo, a diffondersi anche nel vostro territorio: questo avviene quando i discepoli di oggi si allontanano dalla Gerusalemme del Crocifisso e del Risorto, non credendo più nella potenza e nella presenza viva del Signore. Il problema del male, del dolore e della sofferenza, il problema dell’ingiustizia e della sopraffazione, la paura degli altri, degli estranei e dei lontani che giungono nelle nostre terre e sembrano attentare a ciò che noi siamo, portano i cristiani di oggi a dire con tristezza: noi speravamo che il Signore ci liberasse dal male, dal dolore, dalla sofferenza, dalla paura, dall’ingiustizia.

È necessario, allora, per ciascuno di noi, come è avvenuto ai due discepoli di Emmaus, lasciarsi istruire da Gesù: innanzitutto, ascoltando e amando la Parola di Dio, letta nella luce del Mistero Pasquale, perché riscaldi il nostro cuore e illumini la nostra mente, e ci aiuti ad interpretare gli avvenimenti della vita e dare loro un senso. Poi, occorre sedersi a tavola con il Signore, diventare suoi commensali, affinché la sua presenza umile nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue ci restituisca lo sguardo della fede, per guardare tutto e tutti con gli occhi di Dio, nella luce del suo amore. Rimanere con Gesù che è rimasto con noi, assimilare il suo stile di vita donata, scegliere con lui la logica della comunione tra di noi, della solidarietà e della condivisione. L’Eucaristia è la massima espressione del dono che Gesù fa di se stesso ed è un invito costante a vivere la nostra esistenza nella logica eucaristica, come un dono a Dio e agli altri.

Il Vangelo riferisce anche che i due discepoli, dopo aver riconosciuto Gesù nello spezzare il pane, «partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme» (Lc 24,33). Essi sentono il bisogno di ritornare a Gerusalemme e raccontare la straordinaria esperienza vissuta: l’incontro con il Signore risorto. C’è un grande sforzo da compiere perché ogni cristiano, qui nel Nord-est come in ogni altra parte del mondo, si trasformi in testimone, pronto ad annunciare con vigore e con gioia l’evento della morte e della risurrezione di Cristo. Conosco la cura che, come Chiese del Triveneto, ponete nel cercare di comprendere le ragioni del cuore dell’uomo moderno e come, richiamandovi alle antiche tradizioni cristiane, vi preoccupate di tracciare le linee programmatiche della nuova evangelizzazione, guardando con attenzione alle numerose sfide del tempo presente e ripensando il futuro di questa regione. Desidero, con la mia presenza, sostenere la vostra opera e infondere in tutti fiducia nell’intenso programma pastorale avviato dai vostri Pastori, auspicando un fruttuoso impegno da parte di tutte le componenti della Comunità ecclesiale.

Anche un popolo tradizionalmente cattolico può, tuttavia, avvertire in senso negativo, o assimilare quasi inconsciamente, i contraccolpi di una cultura che finisce per insinuare un modo di pensare nel quale viene apertamente rifiutato, o nascostamente ostacolato, il messaggio evangelico. So quanto sia stato e quanto continui ad essere grande il vostro impegno nel difendere i perenni valori della fede cristiana. Vi incoraggio a non cedere mai alle ricorrenti tentazioni della cultura edonistica ed ai richiami del consumismo materialista. Accogliete l’invito dell’Apostolo Pietro, contenuto nella seconda Lettura odierna, a comportarvi «con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri» (1 Pt 1,17); invito che si concretizza in una vita vissuta intensamente nelle strade del nostro mondo, nella consapevolezza della meta da raggiungere: l’unità con Dio, nel Cristo crocifisso e risorto. Infatti, la nostra fede e la nostra speranza sono rivolte a Dio (cfr 1 Pt 1,21): rivolte a Dio perché radicate in Lui, fondate sul suo amore e sulla sua fedeltà. Nei secoli passati, le vostre Chiese hanno conosciuto una ricca tradizione di santità e di generoso servizio ai fratelli, grazie all’opera di zelanti sacerdoti e religiosi e religiose di vita attiva e contemplativa. Se vogliamo metterci in ascolto del loro insegnamento spirituale, non ci è difficile riconoscere l’appello personale e inconfondibile che essi ci rivolgono: Siate santi! Ponete al centro della vostra vita Cristo! Costruite su di Lui l’edificio della vostra esistenza. In Gesù troverete la forza per aprirvi agli altri e per fare di voi stessi, sul suo esempio, un dono per l’intera umanità.

Attorno ad Aquileia si ritrovarono uniti popoli di lingue e culture diverse, fatti convergere non solo da esigenze politiche ma, soprattutto, dalla fede in Cristo e dalla civiltà ispirata dall’insegnamento evangelico, la Civiltà dell’Amore. Le Chiese generate da Aquileia sono chiamate oggi a rinsaldare quell’antica unità spirituale, in particolare alla luce del fenomeno dell’immigrazione e delle nuove circostanze geopolitiche in atto. La fede cristiana può sicuramente contribuire alla concretezza di un tale programma, che interessa l’armonico ed integrale sviluppo dell’uomo e della società in cui egli vive. La mia presenza tra voi vuole essere, perciò, anche un vivo sostegno agli sforzi che vengono dispiegati per favorire la solidarietà fra le vostre Diocesi del Nord-est. Vuole essere, inoltre, un incoraggiamento per ogni iniziativa tendente al superamento di quelle divisioni che potrebbero vanificare le concrete aspirazioni alla giustizia e alla pace.

Questo, fratelli, è il mio auspicio, questa è la preghiera che rivolgo a Dio per tutti voi, invocando la celeste intercessione della Vergine Maria e dei tanti Santi e Beati, tra i quali mi è caro ricordare san Pio X e il beato Giovanni XXIII, ma anche il Venerabile Giuseppe Toniolo, la cui beatificazione è ormai prossima. Questi luminosi testimoni del Vangelo sono la più grande ricchezza del vostro territorio: seguite i loro esempi e i loro insegnamenti, coniugandoli con le esigenze attuali. Abbiate fiducia: il Signore risorto cammina con voi, ieri, oggi e sempre. Amen.




PRIMA DEL REGINA CŒLI

Cari fratelli e sorelle!

Al termine di questa solenne Celebrazione eucaristica, volgiamo lo sguardo a Maria, Regina Caeli. All’alba della Pasqua, Ella divenne la Madre del Risorto e la sua unione con Lui è così profonda che là dove il Figlio è presente non può mancare la Madre. In questi vostri splendidi luoghi, dono e segno della bellezza di Dio, quanti Santuari, chiese e cappelle sono dedicati a Maria! In Lei si riflette il volto luminoso di Cristo. Se la seguiamo docilmente, la Vergine ci conduce a Lui. In questi giorni del Tempo pasquale, lasciamoci conquistare dal Cristo risorto. In Lui ha inizio il mondo nuovo di amore e di pace che costituisce la profonda aspirazione di ogni cuore umano. Il Signore conceda a voi, abitanti di queste Terre ricche di una lunga storia cristiana, di vivere il Vangelo sul modello della Chiesa nascente, nella quale "la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuor solo e un’anima sola" (At 4,32). Invochiamo Maria Santissima, che ha sostenuto i primi testimoni del suo Figlio nella predicazione della Buona Novella, affinché sostenga anche oggi le fatiche apostoliche dei Sacerdoti; renda feconda la testimonianza dei Religiosi e delle Religiose; animi la quotidiana opera dei genitori nella prima trasmissione della fede ai loro figli; illumini la strada dei giovani perché camminino fiduciosi sulla via tracciata dalla fede dei padri; colmi di ferma speranza i cuori degli anziani; conforti con la sua vicinanza gli ammalati e tutti i sofferenti; rafforzi l’opera dei numerosi laici che collaborano attivamente alla nuova evangelizzazione, nelle Parrocchie, nelle Associazioni, come l’Azione Cattolica, così radicata e presente in queste Terre, nei Movimenti, che, con la varietà dei loro carismi e della loro azione, sono un segno della ricchezza del tessuto ecclesiale – penso a realtà come il Movimento dei Focolari, Comunione e Liberazione o il Cammino Neocatecumenale, per citarne solo alcune. Tutti incoraggio a lavorare con vero spirito di comunione in questa grande vigna nella quale il Signore ci ha chiamati ad operare. Maria, Madre del Risorto e della Chiesa, prega per noi!
 

testi da Radio Vaticana, immagini Daylife

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Quand'è che il cardinal Patriarca imparerà a celebrare, come il Papa, con croce e sette candelieri sull'altare di san Marco?

Anonimo ha detto...

Risposta: quando qualcuno regalerà alla Basilica un corredo di sette candelieri. Quelli (bellissimi) che hanno non superano il numero di sei. Incredibile ma vero. Oppure basterebbe che qualcuno pagasse una copia, in modo da avere un settimo candeliere abbinato ed identico.

Anonimo ha detto...

Non è un problema di candelieri, 6 o 7 ha poca importanza: è un problema di mancanza di buona volontà e di infedeltà dei vescovi nei confronti del Papa: tutti lo esaltano a parole, ma, quando si tratta di metterne in pratica gli esempi concreti in campo liturgico, tutti fanno il gioco delle 3 scimmiette: non vedo, non sento, non parlo! Non credo che Scola abbia problemi a procurarsi un crocifisso d'altare e qualche candeliere dalle centinaia di chiese veneziane che li tengono in soffitta! Manca la buona volontà!

Anonimo ha detto...

Il problema sono le dimensioni: tutti gli altari basilicali tra Venezia e Padova avevano corredi bellissimi ma giganteschi, perchè si celebrava con "le spalle al popolo".

Anonimo ha detto...

Mah, credo che Scola celebrerebbe volentieri davanti alla croce..a differenza del mio Arcivescovo-Vescovo. Piuttosto darei la colpa ai cerimonieri della cattedrale marciana

Giovanni P. ha detto...

Concordo...quindi, impariamo dal Papa!

bellissime foto!

Anonimo ha detto...

Croce sull'altare a San Marco? Ma nessuno ha mai notato che ce n'è una decisamente non piccola sopra l'iconostasi, quindi proprio tra l'assemblea e il celebrante?

Anonimo ha detto...

Sì, girata verso il popolo. Quindi il patriarca non celebra verso la croce, come invece fa il papa.

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