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Un incontro bello, quello col Papa


Il papa beato è passato per le nostre strade, le nostre calli, le nostre chiese, le nostre piazze; ha incontrato i lavoratori, gli universitari, i giovani, i poveri, i malati, i carcerati e migliaia e migliaia di persone delle nostre parrocchie e di questo territorio. E' nel ricordo del viaggio di Giovanni Paolo II a Venezia, il 16 e 17 giugno 1985, che il Patriarca emerito Marco Cè fa memoria del pontefice che ora viene elevato alla gloria degli altari.
 
Patriarca Marco, come venne l'idea di invitare papa Giovanni Paolo II a Venezia?
In quegli anni il Papa stava visitando molte diocesi italiane. In Veneto aveva già visitato Vicenza e Padova. Quando l’ho invitato ha accettato subito. Gli ho fatto due proposte: la festa di San Giuseppe, pensando soprattutto ai lavoratori di Marghera, o il Corpus Domini. Ha scelto il Corpus Domini.
 
La preparazione della visita fu molto impegnativa?
Abbiamo subito organizzato un comitato e, lavorando per tempo, siamo arrivati alla visita tutto sommato con tranquillità. Naturalmente c’è sempre un po’ di tensione nel momento in cui arriva il Papa, ma alla fine tutto è andato bene. Il tempo non ci ha aiutato in tutto: la notte tra il sabato e la domenica è piovuto e questo ci ha costretto a cambiare all’ultimo la sede dell’incontro con gli operai, perché il luogo stabilito era un mare di fango. Siamo perciò dovuti andare alla chiesa di Gesù Lavoratore.
 
Quali furono le maggiori attenzioni in sede di preparazione?
Il nostro intento immediato è stato di dare all’evento un significato profondamente religioso. Mi pare che, da questo punto di vista, ci sia una grande sintonia tra il significato che noi volevamo dare alla visita di Giovanni Paolo II e quello che si sta facendo oggi in diocesi per la visita di Benedetto XVI in maggio. “Pietro e Marco, una sola fede” è stato lo slogan di quella visita e il motivo che ci ha guidato durante la preparazione. Volevamo poi che fosse un incontro bello, quello col Papa, perché Giovanni Paolo II nei primi anni di pontificato aveva suscitato anche alcune forti contraddizioni, come è naturale che sia per un Papa. Volevamo che la gente gli volesse bene e la gente gli ha voluto bene, lo ha accolto con gioia.
 
Giovanni Paolo II ha incontrato molte realtà nella nostra diocesi…
Ripensando oggi al programma di quella visita, mi sembra sia stato davvero un po’ folle: mi sento in colpa per aver sottoposto il Papa ad una fatica così grande. Quando è arrivato da noi era già stato a Vittorio Veneto per ricordare papa Luciani e a Riese per i 150 anni della nascita di Pio X. E’ arrivato già affaticato. Si è fermato anzitutto alla Madonna della Salute. Al molo di San Marco c’è stato il saluto delle istituzioni. Poi subito l’incontro col clero. La concelebrazione eucaristica, la processione del Corpus Domini, la benedizione alla città. La sera il concerto alla Fenice. Il giorno dopo abbiamo iniziato con la visita al carcere femminile. Quindi l’incontro con le religiose. L’incontro con i professori e i giovani dell’Università di Ca’ Foscari. Dopo pranzo il Papa si è dedicato a Marghera e a Mestre. C’è stato l’incontro con gli operai sul sagrato della chiesa di Gesù Lavoratore, la visita all’Ospedale, alla Mensa dei poveri di Ca’ Letizia.
 
Mai stanco il Papa?
A Ca’ Letizia ha avuto un piccolo crollo dovuto certamente alla stanchezza: ha chiesto di potersi fermare venti minuti nella cappella delle suore di Maria Bambina che allora risiedevano a Ca’ Letizia a pregare. Dopo questa breve sosta siamo andati in piazza Ferretto e lì, di fronte ai giovani che lo hanno accolto festosamente, si è ravvivato. Nel viaggio di ritorno all’aeroporto di Tessera ci sono stati altri due incontri brevi ma molto intensi: uno con un gruppo di cassaintegrati che gli hanno consegnato una lettera e uno con la comunità del Ceis di don Franco De Pieri che allora era in via Orlanda.
 
C'è qualche incontro di più intensa umanità e fede che spicca fra gli altri?
Il Papa si è emozionato molto al carcere femminile: è stato di una dolcezza straordinaria. Ha salutato le detenute ad una ad una con molto amore. C’erano le zingare con i loro bambini. Lui li ha presi e tenuti in braccio. Giovanni Paolo II era molto espansivo: esprimeva in modo molto forte i suoi sentimenti. Al carcere è stato di una dolcezza immensa.
 
Cosa significò quella visita per la vita civile cittadina? Quali segni lasciò?
Io credo che in quella occasione la città abbia scoperto il Papa. In fondo il Papa è pur sempre una figura lontana, che si conosce non direttamente ma dai giornali, dai media. La visita è stata un incontro reale con la persona del Papa: tra l’altro una persona così aperta, cordiale, capace di sintonizzarsi con la gente e con le diverse situazioni. Sì, in quell’occasione gente ha scoperto il Papa.
 
Nei colloqui più informali che lei ha avuto con il Papa durante il suo soggiorno, durante un trasferimento o durante la sua permanenza in palazzo patriarcale, ricorda qualche osservazione fatta dal Pontefice sulla città di Venezia, i suoi abitanti, le sue bellezze artistiche o ambientali?
Una cosa mi ha stupito del Papa: nei vari trasferimenti in genere non parlava, si raccoglieva sempre in preghiera. Se poi c’era un passaggio un po’ più lungo, come quando abbiamo percorso in motoscafo il canale della Giudecca, il segretario gli dava un libro e lui si immergeva nella preghiera. Se c’era un minuto di tempo, il Papa lo utilizzava per pregare. Quanto ai suoi commenti sulla città, anzitutto ha mostrato di conoscere molto bene la storia di Venezia. Poi ha manifestato spesso la meraviglia per la sua bellezza.
 
Ricorda cosa le disse il Papa durante il viaggio in gondola?
Era una bella giornata e il viaggio in gondola è stato spettacolare. Il Papa l’ha soprattutto goduto.
 
Come mai coi giovani Giovanni Paolo II si sentiva tanto a casa sua?
Toccava il loro cuore. Era capace di parlare al loro cuore. Faceva proposte anche molto dure, molto severe. Ricordo che una volta a Parigi, in uno stadio pieno, i giovani gli hanno posto domande forti e lui a riposto senza mezzi termini, con chiarezza, chiedendo a giovani scelte forti. Eppure i giovani lo ascoltavano.
 
Giovanni Paolo II l'ha voluta a Venezia, l'ha creata cardinale: che ricordi personali ha di lui?
Uno dei primi ricordi risale ad un mese dopo la sua elezione. Io ero assistente nazionale dell’Azione cattolica. C’era l’assemblea nazionale. Lui era invitato, mi ha preso a braccetto molto semplicemente e mi ha accompagnato nella sala dell’assemblea. Poco dopo mi ha inviato a Venezia e dopo alcuni mesi mi ha fatto cardinale. Ho avuto molte occasioni di incontrarlo negli anni di Venezia, perché sono stato per undici anni nella Presidenza della Conferenza episcopale italiana. Erano gli anni della riforma del codice di Diritto canonico, della riforma del Concordato e del rinnovamento delle strutture istituzionali della Chiesa. Invitava spesso a colazione la Presidenza della Cei e lì, mentre pranzavamo, ci interrogava sui problemi che emergevano, sui quali lui dopo doveva decidere. Voleva conoscere il nostro parere.
 
Oggi Venezia attende la venuta di Benedetto XVI: può indicare ai fedeli il modo per vivere con intensità questo momento così importante, anche alla luce dell'esperienza della visita di Giovanni Paolo II?
Vi state preparando bene! Io ammiro l’afflato spirituale che è stato dato alla visita di Benedetto XVI. A me colpisce l’insistenza nel voler far emergere l’incontro di fede, la conferma della fede. E’ stato il leitmotiv che ha proposto lo stesso patriarca Angelo fin dall’inizio. Il legame tra Pietro e Marco, poi, è fondamentale.

Sandro Vigani
da Gente Veneta
 

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