di Aldo Comello (per Il Mattino di Padova)
Cinque secoli fa nel periodo tumultuoso, fitto di epurazioni e tradimenti, di carestie e pestilenze in cui Venezia si riappropria della città di Padova, dopo la parentesi splendida del dominio carrarese, nel febbraio del 1512, la gente assiste sconvolta al miracolo del crocifisso nella chiesa di Santa Maria dei Servi: per 15 giorni dalla statua monumentale, quasi due metri di altezza, collocata, allora, tra altare e presbiterio, si mise a colare sudore sanguigno dal volto e dalla parte sinistra del petto e il fenomeno si ripeté nel corso della Settimana Santa. Molti fedeli furono testimoni di quell’evento. La cosa fu riferita al vescovo, egli accorse e, indossati gli abiti pontificali, poté riempire un’ampolla delle gocce cadenti. «Forse fu proprio il prodigio – dice oggi il parroco don Paolo Bicciato – il responsabile di una sorta di amnesia collettiva. Il crocifisso, legno di pioppo coperto da una vernice d’oro, scolpito da Donatello negli stessi anni in cui forgiò il Cristo di bronzo dell’altare del Santo tra il 1444 e il 1449, si trasformò da opera d’arte in icona miracolosa, in reliquia, oggetto di devozione appassionata, suffragata dal portento», E così la paternità del grande scultore fiorentino si dissolse, fu dimenticata, resettata dalle cronache del tempo, quasi rinnegata. Questo offuscamento è singolare perché la statua non è sepolta in una chiesuola fuori mano, ma si trova nella grande, antica chiesa dei Servi, in via Roma, nel cuore del centro storico di Padova. Il colpo di scena è del 2006, una vera e propria bomba fu fatta brillare da due storici dell’arte, Marco Ruffini e Francesco Caglioti. Ruffini trova in una biblioteca dell’università di Yale la prima edizione delle Vite del Vasari e si accorge che una pagina reca delle postille di anonimi chiosatori, una è di importanza fondamentale: Donatello, tra le varie opere elencate nelle Vite vasariane, «ha ancor fato il Crucifixo quale hora è in chiesa di Servi a Padoa». Caglioti, autore nel 2000 di un monumentale studio su Donatello e i Medici, si precipita a Padova, entra nella chiesa, si arrampica letteralmente sull’altare e si rende conto che l’annotazione sul Vasari di Yale è veritiera: il crocifisso è una stampa e una figura con quello del Santo, anche se la letteratura lo ignora o quasi. È citato tre volte nella monografia di Hans Kauffman e nel libro di Margit Lisner, anche se non si parla della paternità. Eppure vicinissimo ai Servi si apriva dal 1434 il Fondaco Strozzi dove Donatello visse in esilio, come testimonia Giuseppe Fiocco, un personaggio luminoso per cultura e ricchezza, Palla Strozzi ed è lui che porta a Padova gli artisti fiorentini del Rinascimento, Donatello e Filippo Lippi. Nel 1850 il Crocifisso fu rivestito di una pellicola color del bronzo, in realtà piuttosto atipica, quasi un vulnus . «Spetta alla Soprintendenza – dice il parroco – decidere se mantenere questo rivestimento protettivo. A me interessa un altro obiettivo, fare in modo che in questa immagine confluisca la sacralità infusa dalla memoria di un grande portento e la bellezza di una scultura uscita dalla bottega del grande Donatello». Si tratta, insomma, di rimettere insieme i due valori originari. E per farlo occorre divulgare l’assoluta certezza che il Cristo dei Servi è opera di Donatello.
Oggi nella cappella interna della chiesa dei Servi saranno illustrate le novità riguardanti lo studio del Crocifisso. Intervengono il vicario generale, monsignor Paolo Doni, il parroco Paolo Bicciato, il Soprintendente Luca Caburlotto e Elisabetta Francescutti, storico dell’arte della Soprintendenza. La ricorrenza dei 500 anni dal prodigio sarà celebrata con una serie di appuntamenti, concerti e approfondimenti culturali che si protrarranno per tre mesi, da sabato 21 gennaio fino a sabato 21 aprile. Il momento clou sarà la domenica della Palme con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Antonio Mattiazzo. Il parroco fa notare la tela seicentesca in Santa Maria dei Servi firmata dal De Pitocchi che mostra il crocifisso sullo sfondo del Santo e il profilo dei Colli che circondano la città. E’ un segno della «patavinitas» del capolavoro di Donatello, un omaggio a Padova. Ai piedi del crocifisso si nota scolpita la figura del vescovo nell’atto di raccogliere in un calice le stille di sangue che cadono dal costato del figlio di Dio nel corso dell’evento portentoso del 1512.
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Il Crocifisso di Donatello che sudò sangue nel 1512 |
2 commenti:
E' giunta l'ora - d'entrare in Porto
fo orazione - come nell'Orto
m'appresso al Leon - che nulla eguaglia
non sono fieno - e neanche paglia
...speriam solo - sia moraglia!
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